Recensione: Ruins

Di Alessandro Calvi - 31 Luglio 2005 - 0:00
Ruins
Band: SoulMask
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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60

I SoulMask nascono ufficialmente nel 1995 con un nome leggermente diverso, al tempo infatti il monicker era Soul’sMask, con “quell’apostrofo esse” che poi con il tempo è andato a scomparire. Purtroppo vari e frequenti cambi di line-up dovuti, fa sapere la band, principalmente alla mancanza di serietà dei musicisti coinvolti, hanno portato il gruppo a non potersi esprimere in maniera seria e continuativa fino a relativamente poco tempo fa. Trovata finalmente una certa stabilità, i SoulMask realizzano immediatamente un demo nel 2003 intitolato “Oblivion”, a cui segue poi questo album autoprodotto intitolato “Ruins” e contenente anche le tracce già registrate in precedenza in una nuova veste.

Si apre con una intro strumentale tra il sinfonico e l’epico nel più classico stile degli album power, questo “Ruins”, e subito viene fatto spazio alla successiva “Last Mask”. La canzone sinceramente non aggiunge nulla di nuovo al genere proposto dalla band, un power piuttosto aggressivo e un po’ grezzo con il contorno degli immancabili brani sinfonici.
Ad attirare l’attenzione in questo caso è piuttosto la voce, decisamente lontana dagli standard normalmente stabiliti per il power. Il vocalist dei Soulmask ha infatti una voce piuttosto roca che quasi mi riporta alla mente Lemmy dei Motorhead. Sicuramente l’intenzione sarebbe stata quella di proporre un stile vocale un po’ diverso dagli standard del genere per puntare su una maggior aggressività. Questo proposito però è rispettato solo in parte, dato che purtroppo in alcuni punti si sente fin troppo distintamente come al cantante manchi un po’ di fiato.
Dal punto di vista delle melodie invece ci troviamo decisamente nel campo del “già sentito”, i riferimenti al power di scuola tedesca e in particolare a Blind Guardian e Gamma Ray si sprecano e creano una sensazione di dejà-vu in molte canzoni.
Unica nota genuinamente interessante e che personalmente non mi stancherò mai di elogiare, è la scelta da parte del gruppo di inserire in alcune canzoni dei passaggi in italiano. Ultimamente ho avuto la piacevole impressione che da parte di molti gruppi ci sia una riscoperta della nostra lingua madre che spesso e volentieri negli anni scorsi è stata fin troppo snobbata.

Dal punto di vista della produzione ci troviamo invece di fronte a un lavoro non da scartare. Gli strumenti si sentono tutti molto bene e anche la voce è stata resa decisamente bene, anche se in alcuni passaggi risulta forse un pochino alta. Anche i cori e i passaggi sinfonici, che avrebbero potuto dare i maggiori problemi in fase di resa sonora finale, risultano invece bene e non vengono mai coperti dagli altri strumenti. Niente da ridire neanche dal punto di vista dei suoni, la ricerca di una maggiore aggressività è stata resa anche con una maggiore ruvidezza delle chitarre ed è una scelta che ho apprezzato.

In conclusione si tratta di una notevole prova dal punto di vista produttivo: un intero album, quasi un’ora di musica, del tutto autoprodotto è sicuramente una bella prova. Purtroppo questo sforzo, anche economico, non è adeguatamente supportato da una proposta musicale adeguata. Niente di nuovo dunque sotto il sole per i SoulMask, spero che presto possano farmi cambiare idea con qualche loro nuovo lavoro.

Tracklist:
01 Intro
02 Last Mask
03 Traders of Glory
04 Ruins
05 Words from the Star
06 Wasted Time
07 Flames of Vision
08 Showing My Dark Side
09 Force Them to Enter
10 Oblivion

Alex “Engash-Krul” Calvi

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