Recensione: Rumble of Thunder
Dai singoli “Yuve yuve yu” e “Wolf Totem” l’hunnu rock dei mongoli The Hu continua a macinare consensi e collaborazioni finora inimmaginabili per le band di quelle zone, ed in generale del folk hard-rock/metal asiatico. Gruppi come i conterranei Hurd, Altan Urag ed altre band della Mongolia Interna come Tengger Cavalry, Ego Fall ed Hanggai non godono certo di tale visibilità, giunta pure ad Elton John. Sulla scia del loro successo si sono formati pure gli Uuhai.
Dopo il primo album “The Gereg” (2019) si arriva quest’anno al nuovo full-length “Rumble of Thunder”.
Il “rombo del tuono” è una dichiarazione forte, specie considerando l’esordio, a cui mancava un reale mordente. In questo caso la musica presenta tonalità ben più aggressive, groove ed oscure, da cui poi fuoriescono delle suggestioni luminose. Il tutto è coniugato in un’ottica complessa ereditata dal primo lavoro e che attraversa pure vivaci istinti country, grunge e strizzate d’occhio a sonorità americane. Si aggiungono quindi echi di Suld, Altan Uraag ed Hanggai.
In quest’opera morin khuur, tuvshuur, tumur khuur ed il cantato khoomei sono tra l’altro affiancati dalla chitarra e dal basso, i quali elevano ad uno step ulteriore la potenza. Merito inoltre anche della produzione stellare che risalta la resa dal vivo della band.
C’è però un qualcosa che non convince, e questo si nota a livello di scrittura dei brani. In primis le tracce sono permeate da una sorta di “incantesimo ipnotizzatore”, manifestato dalla parola “hu” che si dipana in modo più o meno evidente in quasi tutte le canzoni. Sembra che questo “trend” sia partito da “Wolf Totem“, espediente forse attuato per espandere un effetto aggregante, tribale ma anche per far ricordare chi suona. Un’autoreferenzialità che riduce frequentemente la tipologia compositiva, inficiando la godibilità dell’ascolto, specie dopo che si viene piacevolmente sorpresi da soluzioni indovinate. Con scelte diverse certe tracce sarebbero di un altro livello.
Andando tuttavia al meglio che “Rumble of Thunder” può offrire, impossibile non menzionare “Shihi Hutu” e “Segee”. Il primo è senza indugio il brano migliore del disco, in quanto racchiude un’energia aspra, ruggente, ma anche cori e cantato tuonanti ma estremamente dinamici. Qualitativamente molto vicino “Segee”, il cui seducente fascino consiste nell’incattivirsi in una sorta di thrash-prog selvaggio.
Stanno più sotto a loro “Black Thunder” e “Yut Hövende”, brani che figurerebbero tra i migliori anch’essi se non fosse per quanto esplicato sopra. Per dire, il viaggio candenzato e crescente di “Black Thunder” avrebbe soddisfatto ancora di più se verso la fine ci fosse stata maggiore varietà vocale. Da questo punto di vista la marcia drammatica, a tratti doom di “Yut Hövende” possiede notevoli cori gutturali.
Ci sono poi canzoni fondamentalmente di qualità media, alcune carine per il loro essere istintive e lineari, altre con qualche valido spunto. Alcune di queste potreste canticchiarle senza motivo, tipo il gioviale pop metal di “Teach Me” e lo spensierato “Bii Biyelgee”. Quest’ultimo ha un animo pastorale affascinante, incorniciato da un quid vorticoso, inoltre è uno dei pochi pezzi non autoreferenziali.
Quanto a brani palesemente scarsi o poco ispirati impossibile non citare soprattutto “Tatar Warrior”, pezzo forzatamente Metallica nell’approccio e che sembra fatto apposta per attirare la frangia più intransigente dei metallari. Infatti, subito dopo propongono la versione estesa di “Black Thunder”, che di fatto non aggiunge nulla.
Con “Rumble of Thunder” i The Hu propongono un album più che buono nelle intenzioni ma in realtà dotato di una qualità compositiva discontinua. La produzione incredibile potrebbe inizialmente far passare in secondo piano certi difetti, ed uno di questi è relativo alla varietà vocale, tuttavia di potenzialità per evolvere ce ne sono. Non si può negare comunque la grande abilità tecnica dei Nostri ed il merito di porre maggiore interesse verso un certo tipo di sonorità, esistenti prima della loro formazione.
Chi – come la sottoscritta – ama ed ascolta certe sonorità da tempo potrebbe non rimanere stravolto da “Rumble of Thunder” oppure sì, e sono gusti legittimi. In generale un lavoro adatto a chi ama il folk metal a tutto tondo.
Elisa “SoulMysteries” Tonini