Recensione: Ryuo-Doji (龍凰童子)
Cinque anni dopo “Hado Myoo” i giapponesi Onmyo-Za (陰陽座) hanno rilasciato “Ryuo-Doji” (龍凰童子), il loro quindicesimo album. La storica band di Osaka è sempre stata nota per suonare un heavy metal strutturalmente eclettico e per le voci di Kuroneko e Matatabi. Stavolta l’attesa per noi ascoltatori è stata ben più lunga rispetto alla media di due anni: come sarà il nuovo prodotto?
Una breve contestualizzazione
“Ryuo-Doji”, “L’ Eredità del Dio Drago” continua sulla scia moderna ed esplosiva tracciata dodici anni fa da “Kishibojin” (2011). Ne risulta perlopiù una sorta di incontro tra “Karyoubinga” ed il già citato “Hado Myoo”, con un istinto diretto alla “Chimimoryo” (2008). Come sempre i Nostri sfoggiano una magistrale tecnica strumentale e fluidità tra i vari generi.
La recensione
Quindici tracce sono chiaramente un intento ambizioso ed è notevole che dopo tutti questi album riescano a trovare melodie avvincenti ed in certi casi superbe. Più grande è la quantità di materiale e più aumenta il rischio di plagiare sé stessi.
Quanto al meglio che il presente lavoro può offrire, impossibile non citare “Nurarihyon” e “Shiramine”. Il primo è un brano oscuro dall’aria a tratti metalcore in cui splende la voce di Matatabi, solitamente messo in ombra da Kuroneko. E’ lui che domina tale traccia, specie nell’epico refrain, dove riesce ad infondere come non mai una drammatica furia battagliera.
“Shiramine” dimostra invece la bravura dei giapponesi nelle canzoni lunghe. Suggestivo il passaggio tra ritmi lenti e quelli decisi, in particolare da urlo quando le chitarre iniziano a ruggire ed i due cantanti duettano insieme. Si tratta di emozioni con pochi pari.
Ci sono poi altri punti davvero alti, alcuni dei quali valorizzati dalla sezione ritmica, dalle chitarre oppure dalle tastiere. Nel primo caso impossibile non citare la batteria tagliente del minaccioso “Inosasaou”, mentre nel secondo caso “Shizukokoronaku hana no chiruran”. Quest’ultima è splendida per la sua luminosità abbinata a tinte depressive. Per quanto riguarda le tastiere, conquista l’aura magica e romantica di “Karura”, dove tale strumento risalta senza essere invadente.
Per i gusti di chi scrive ci sono altri brani fondamentalmente molto belli, altri ancora pressoché validi. Quanto ai meno ispirati, non si tratta di brutte canzoni in sé ma qualcosa in loro funziona molto meno delle altre. In tal senso, da citare “Houou no hitsugi “ed “Akashita”. Il singolo “Ibaragidouji” presenta invece dei momenti epici molto buoni mentre altri passaggi risultano meno efficaci.
Conclusione
Con “Ryuou-Doji” gli Onmyo-Za propongono un album imponente nella quantità di tracce e di fattura pressoché molto buona, con pochi brani realmente di spicco. Sembra che i Nostri abbiano perlopiù voluto andare sul sicuro. Dal punto di vista qualitativo siamo un po’ lontani da album come “Karyoubinga”, “Raijin Sosei” e “Kishibojin”, ancora freschi a distanza di tempo. La produzione risalta ottimamente il carattere tecnico e moderno del sound. In “Ryuou-Doji” è comunque una conferma dell’identità Yokai Heavy Metal dei Nostri, degni di rispetto anche al di fuori del Giappone. Da ascoltare per chi ama il dualismo symphonic alla Nightwish, per chi ama il folk metal e la musica ottimamente suonata in generale.
Elisa “SoulMysteries” Tonini