Recensione: S.U.S.A.R.

Di Bernardo Pacini - 11 Marzo 2007 - 0:00
S.U.S.A.R.
Band: Indukti
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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85


Polonia, dolce Polonia. Chi prova a seguire il labirintico e difficile mondo del progressive odierno di sicuro avrà già avuto modo di capire che gran parte delle speranze per questo genere sono tenute vive nell’est-europa e in particolare in  Polonia. Ne sono esempio i Riverside, con i gioielli Second Life Syndrome e Out Of Myself, due di quegli album che hanno la caratteristica di essere magnetici, tanto che è difficile staccare le orecchie dalle cuffie quando girano nel lettore. Sula scia di questa valorosa band ecco gli Indukti, e ci troviamo davanti a un signora band.

Ipnosi. Eco di emozioni rimaste incastrate tra i meandri della mente. Onirico paesaggio: fatto di curve e non di linee. Un treno a grande velocità dentro una galleria senza fine. Tutto questo è S.U.S.A.R, l’unico lavoro che per ora gli Indukti ci hanno regalato. La musica è un gomitolo che lentamente avvolge l’ascoltatore, senza che lui se ne accorga: lo lascia attonito e completamente immobile. Flauti, arpe, violini, soffuse arie di tastiere sono seguiti a ruota da riff assassini: l’esempio è Shade, una delle track più belle. 4′ e 28” che ci lasciano a bocca aperta, senza parole che tentino di aggiungere qualcosa. Chi canta? A dimostrazione della grande influenza che i Riverside hanno su questa band la scelta di invitare nel progetto proprio il loro cantante, Mariusz Duda, che perfettamente si inserisce nel gruppo: la sua voce sembra fatta apposta per questo genere di musica, la sua voce diventa l’elemento necessario per fondere insieme la melodia.

La band ha deciso di incidere tutti gli strumenti insieme, come suonassero in un live: la musica è un’avventura, un sogno, non c’è soluzione di continuità. Si aprono porte che nascondono mondi suflurei, inorganici: il percorso è già segnato, dobbiamo solo camminare, augurandoci che la fine del viaggio sia ancora lontana. Nel viaggio di S.U.S.A.R. appaiono ogni tanto i fantasmi dei Tool, le ombre dei Porcupine tree, i fugaci riflessi di band come i King Crimson o i Pink Floyd, ma questo non toglie la rilevante originalità del lavoro di questi polacchi: S.U.S.A.R. è un pezzo da novanta che merita l’attenzione che non ha avuto. Dovete averlo tutti. E allora gli Indukti, dalla fredda Polonia, entreranno nei vostri sonni per non uscirne più.

Tracklist:
1. Freder (7:30)
2. Cold Inside… I (4:05)
3. No. 11812 (7:59)
4. Shade (4:29)
5. Uluru (6:34)
6. No. 11811 (7:25)
7. …and Weak II (9:36)

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