Recensione: Sacred Shiver
I Black Wings sono forse la band più giovane che mi sia mai capitato di recensire. Il gruppo ferrarese è composto infatti da Filippo Cavallini al basso, classe 1987, Diego Albini al microfono, classe 1986, Alessandro Duò alle tastiere, classe 1984 e Giacomo Bazzani, addirittura classe 1991!
Eccezione fatta per Luca Fortini (1977) entrato nella band dopo l’incisione del disco ma con una grande esperienza alle spalle anche come chitarrista di Paul di Anno, i ragazzi hanno una età media che fa concorrenza agli esordi degli Edguy.
Incurante della giovane età, la sempre attiva Underground Symphony li ha messi sotto contratto e li ha fatti esordire con questo Sacred Shiver (con la supervisione artistica del chitarrista dei DGM Simone Mularoni), album dalle forti tinte power, condito da liete divagazioni hard rock e prog. Il risultato quindi è un album di power classico, che fa della melodia il suo punto forte, con chorus immediati, di facile presa e ottimi anche nell’impatto con il pubblico in sede live. I nostri non disdegnano comunque, come detto in precedenza, passaggi complessi al fine di arricchire le linee guida dei brani. Nel complesso sono pezzi che si rifanno ai mostri del genere quali Helloween, Gamma Ray e Stratovarius, senza grosse innovazioni, puntando più su melodie orecchiabili invece che su soluzioni ricercate.
Ottima è la prova di tutti i ragazzi, in particolare di Giacomo dietro le pelli, sempre preciso e mai invadente, e di Diego al microfono, che ci propone degli acuti nella migliore tradizione power nord europea, dando l’idea delle grandi possibilità della sua ugola, ma che in alcuni passaggi non da il giusto risalto ai brani a causa di una minor cura nella loro interpretazione.
Dopo l’intro Sunset’s Shades (non orchestrale, incredibile ma vero!) si parte forte con Fire Tide (per la quale è stato girato anche un videoclip), dove già i Black Wings dimostrano di avere piena consapevolezza dei propri mezzi, proponendo un brano di grande effetto, dinamico e condito da una vena hard rock di fondo. Hiding The Moon è il pezzo migliore dell’intero album: power veloce, tirato, un chorus non solo di facile presa ma che rapisce e trascina! Ottima la prova di tutta la band su questo brano, bravi davvero!
Si rallentano i ritmi con Captive To Lies, dove i ragazzi danno prova anche di saper costruire brani articolati senza per questo perdere la linea portante della musica con inutili divagazioni strumentali. Anonima è la seguente Behind The Veil Of Mind, ma è solo un passaggio a vuoto in quanto si riaggiusta il tiro con la sorprendente Way Down To The Ground, dove riff hard rock di chitarra insieme a un organetto anni ’70 si miscelano alla perfezione con ritmiche sostenute e veloci, dando vita a un pezzo esaltante. No Chance To Get Back è una semi ballad che scorre via senza infamia né lode, mentre interessante e riuscita è la mini suite Wating The Time altro prova di grande padronanza tecnica. Meno riuscita è l’altra mini suite The Magic Of Dawn, alla quale segue la strumentale title-track e una cover ottimamente eseguita di Tarot Woman dei Rainbow!
Considerando la giovanissima età e il fatto che sia un esordio, tanto di cappello ai Black Wings, che grazie a questo Sacred Shiver ci fanno passare un’ora di sano power, scorrendo liscio che è un piacere! Ci sono un paio di passaggi a vuoto ma il risultato finale è più che piacevole. Una band che dimostra già di avere le idee chiare su cosa vuole suonare. Lavorando sul songwriting e migliorando sia l’interpretazione dei brani che la personalità, io credo che ci sarà da aspettarsi grandi cose da questa giovane promessa del metal tricolore. Nel frattempo, a tutti gli amanti del power melodico, consiglio di godervi questa interessante sorpresa!
Roberto “Van Helsing” Gallerani
Tracklist:
1. Sunset’s Shades
2. Fire Tide
3. Hiding The Moon
4. Captive To Lies
5. Behind The Veil Of Mind
6. Way Down To The Ground
7. No Chance To Get Back
8. Waiting The Time
9. The Magic Of Dawn
10. Sacred Shiver
11. Tarot Woman