Recensione: Sadako e le mille gru di carta

Di Edoardo Turati - 9 Ottobre 2020 - 12:12
Sadako e le mille gru di carta
Band: Logos
Etichetta: Andromeda Relix
Genere: Progressive 
Anno: 2020
Nazione:
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82

“Questo è il nostro grido, questa è la nostra preghiera, la pace nel mondo”

(Statua di Sadako – Hiroshima Memorial Park)

 

 

 

Dopo sei anni tornano i Logos con il loro prog. rock raffinato di chiara matrice Seventies che tanto abbiamo apprezzato nel precedente “L’Enigma delle Vita”. Anche questa volta le coordinate rimangono invariate, così come la formazione che vede tornare in pianta stabile Alessandro Perbellini alla batteria, mentre ritroviamo l’ottimo Luca Zerman alla voce e all’hammond, Fabio Gaspari torna ad occuparsi non solo del basso ma di tutti gli strumenti a corde e Claudio Antolini si dedica al pianoforte e ai sintetizzatori. Anche in questo caso, come nel precedente LP, ci troviamo di fronte a un concept: solo sei tracce e, a parte una breve intro e un altro pezzo di “appena” 6 minuti, tutti i brani si attestano oltre i 10 minuti con una lunghissima suite finale di ben 21. C’è da aspettarsi quindi composizioni complesse e trame intricate come ogni buon disco prog comanda. Ma faccio prima un passo indietro per introdurre il tema del concept che i Logos hanno voluto proporci, perché anche questa volta hanno scelto un tema profondo e difficile come quello della guerra, ma la delicatezza sta nel raccontarlo attraverso gli occhi puri e innocenti di una bambina.

Tutto nasce da un’antica leggenda giapponese: nella terra del Sol levante si narra infatti che se si realizzano mille origami a forma di gru (Senbazuru) si può esprimere un desiderio… Siamo a Hiroshima, è il sei agosto del 1945, il bombardiere B-29 “Enola Gay” sgancia sulla città la sua prima bomba atomica soprannominata “Little Boy”. Sadako era una bambina di due anni e in quel momento stava giocando in un parco con suo fratello a pochissimi chilometri dal luogo del tremendo impatto. Una deflagrazione mostruosa e poi il silenzio. Ma Sadako miracolosamente riesce a sopravvivere sia all’onda d’urto, sia all’avvelenamento da radiazioni. Sembrerebbe un lieto fine quindi, ma non è così, perché evidentemente anche il maledetto uranio ha memoria. Sadako, cresciuta robusta e forte, a undici anni, dopo un malore, scopre d’avere una grave forma di leucemia causata dalle radiazioni dell’atomica. Durante la sua permanenza in ospedale qualcuno gli racconta la leggenda dei Senbazuru, Sadako quindi non si perse d’animo e comincia a realizzare i suoi origami con tutto quello che trova. Ma nonostante la forza d’animo riesce a realizzarne solo 644, poi muore… Gli amici e i parenti realizzano per lei le restanti gru, ma ormai Sadako è volata via restando nei ricordi di ogni persona che vive e lotta per la pace.

Adesso siamo curiosi di sapere come i Logos hanno deciso di raccontare questa storia intensa e premendo play siamo subito introdotti nel racconto da “Origami in SOLuna intro dove dominano le tastiere e le sonorità ricordano i nostrani Goblin, soprattutto per l’inquietudine che traspare nella musica e che ci trasporta immediatamente nei “Paesaggi di Insonnia” della seconda traccia. Tentiamo di analizzare la struttura di questo brano complesso. L’inizio è duro, con tastiera e chitarra che duettano, per poi quasi sparire quando entra la voce di Zermann; i testi dal canto loro risultano abbastanza criptic ma meravigliosamente poetico inonostante descrivano un paesaggio bucolico devastato e avvelenato. Nell’immdiato prosieguo cambia ancora il tempo e tornano prepotenti le tastiere sino all’entrata in scena del sassofono che con il suo suono “torbido” domina su tutta la parte centrale del pezzo; il sax si interrompe poi per lasciare spazio a delle voci disturbanti, riemergendo infine con potenza, coadiuvato dalle immancabili tastiere. Tutti gli strumenti tacciono di nuovo quando rientrano le parole a descrivere il paesaggio insonne, poi la musica rinasce per raggiungere il suo naturale epilogo. Un brano decisamente sontuoso.

Non c’è molto tempo, tuttavia, per metabolizzare le tante informazioni arrivate alla nostra mente, perché i synth sono già pronti per introdurci in “Un Lieto Inquietarsi”. I primi minuti sono intensi e pregni di pathos: momenti immoti e accelerazioni improvvise (con suoni che ricordano il Banco del Mutuo Soccorso) ci avvolgono senza sosta per sei minuti, con il tema iniziale ricorrente ma mai ridondante. Il brano si chiude rallentando e riproponendo il tema che ha guidato tutto il pezzo. Siamo abbastanza frastornati (ma in positivo) da tutta la musica giunta alle nostre sinapsi e per fortuna “Il Sarto” ci fa riposare un po’ proponendo un brano acustico in cui le voci di Zermann e di Elisa Montaldo ci raccontano una meravigliosa “favola della buonanotte” facendoci dimenticare per un attimo ogni tristezza. Con una delicatezza incredibile le parole ci trasportano in mondo onirico dove non esistono violenza e malvagità. I brividi ci accompagnano durante tutti i sei minuti e quando il brano finisce è l’ora di svegliarsi e indossare i nostri “Zaini di Elio” e ripartire per il nostro viaggio.

Da subito si capisce che il messaggio è positivo, il brano è vivo e vivace, le parole arrivano chiare e decise, così come la musica che procede con un ritmo incalzante per tutta la durata del brano. Anche qui si sentono tutte le contaminazioni di BMS e PFM e il pezzo procede senza sosta per più di 12 minuti con un bel vocalizzo sul finale. Siamo arrivati alla fine (si fa per dire) perché l’ultimo brano “Sadako e le Mille Gru di Cartaè una suite di oltre 21 minuti! L’inizio è dolcissimo con il pianoforte che sembra quasi piangere e le voci di bambini in lontananza che giocano ignari. Si sentono poi le eliche del B-29 e parte la musica forte e decisa col synth e la voce che racconta mirabilmente la storia di Sadako. Parte poi una lunga sezione strumentale che musicalmente rimane coerente a quanto proposto fin qui. I Logos danno sfogo a tutto il loro estro musicale, e, tra mid-tempo, cavalcate prog e momenti più intimi, ci portano sino al minuto 15, quando Zermann rientra prepotentemente continuando il racconto e sfogando tutta la rabbia verso l’egoismo degli esseri umani. Le ultime parole sono forti, intense – «Stridendo si bagnano e cadono mille gru di carta, una bambina leggera, ha trovato la tomba, dormiva serena abbracciata a una bomba» – ci fanno sicuramente riflettere, mentre note di pianoforte, esattamente come aveva iniziato dolcemente nell’opener, chiudono la lunga storia di Sadako.

 

Siamo arrivati alla conclusione del concept e non possiamo rimanere indifferenti a quanto abbiamo ascoltato. La storia commovente di Sadako tocca ognuno di noi e i Logos ce l’hanno raccontata come solo loro sanno fare. Rispetto al precedente, il disco risulta più complesso e necessita di molti ascolti per venire assimilato e permettere all’ascoltatore di godere appieno di ogni sua sfumatura. I testi sono difficili da interpretare, ma stupendi e di grande valore, e sappiamo quanto spesso rappresentano il tallone di Achille per molti gruppi, ma non sicuramente per i Logos che poeticamente hanno raccontato una delle storie più brutte dell’umanità attraverso una bellissima bambina coraggiosa e determinata. I Logos nelle ultime parole dei testi vogliono però dirci anche altro e forse la verità è che l’uomo non cambierà mai, quello che cambia probabilmente è solo il modo di fare la guerra e di uccidere.

 

“È una guerra lontana, qui arriva solo qualche scintilla, quante Sadako ancor oggi,
guardan negli occhi una bomba che brilla.”

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