Recensione: Sanctified

Di Orso Comellini - 31 Luglio 2011 - 0:00
Sanctified
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Anno: 1995
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85

Mutuando un motto agonistico usato e strausato: «squadra vincente non si cambia».

Deve essere quello che hanno pensato i Morgana Lefay, carichi di aspettative all’indomani dell’uscita del fortunato “The Secret Doctrine” (1993). Tuttavia, dopo una breve tournée europea, il chitarrista Tommi Karppanen decide di lasciare il gruppo che, in vista di alcune apparizioni on stage nei festival estivi, prende in prestito Peter Grehn dai concittadini Fantasmagoria – a partire da “The Seventh Seal” del 1999 (con il moniker di Lefay), rientrerà in pianta stabile. Viene reclutato poi a titolo definitivo Daniel Persson (Shotgun Alley) e con lui il combo di Bollnäs entra in studio per registrare “Sanctified”.

Fatta eccezione per questo singolo cambio di line-up, come affermato in apertura, i Morgana Lefay mantengono inalterati gli equilibri raggiunti con l’album precedente: fanno così ritorno agli studi svedesi Wavestation, confermando sia Ulf Peterson dietro al mixer e alle tastiere, sia Kristian Wåhlin a occuparsi del visionario artwork ed evidentemente la scelta si rivela azzeccata in toto (e continuerà così anche per gli album successivi). Anche la musica dei Nostri rimane sostanzialmente coerente, senza però peccare d’immobilismo sonoro: “Sanctified”, infatti, si presenta come la naturale evoluzione del percorso intrapreso sin dall’ottimo debutto “Symphony Of The Damned” (1990). Una crescita costante dal punto di vista tecnico/compositivo che li ha accompagnati fino al loro quarto full-length. Rispetto agli album precedenti le canzoni sono forse meno riconoscibili o distinguibili le une dalle altre, ma di certo non perché siano ripetitive o addirittura tutte uguali, piuttosto perché le composizioni sono un po’ più particolari che in passato e meno inquadrabili in un genere ben definito (con le dovute eccezioni). Questa volta, infatti, i nordeuropei dedicano più tempo al songwriting (circa un anno e mezzo), pagando qualcosa in termini d’immediatezza in favore di arrangiamenti più ragionati, ma parimenti ispirati e coinvolgenti. Così che le varie influenze e le peculiarità del loro sound, ora, si fondono e convivono perfettamente all’interno di ogni singola traccia. L’ingresso di Persson, poi, si muove nella stessa direzione: un sostituto perfetto per l’uscente Karppanen e più abile tecnicamente del suo predecessore. Anche se la parte da leone, come al solito, la fa Tony Eriksson (sempre più leader del gruppo) assieme al carismatico e per certi versi insostituibile Charles Rytkönen; senza per questo sminuire l’ottima prova della sezione ritmica che, in questi anni, ha fatto dei progressi non trascurabili.

“Out In The Silence” in apertura rappresenta la summa di tutte queste considerazioni e racchiude al suo interno taglienti riff thrash, ritmati rallentamenti scanditi dal pulsante basso di Heder e passaggi classicamente heavy/power, con interessanti scambi di soli delle due asce sulle variazioni ritmiche: un inizio ben più dinamico ed eterogeneo di come ci avevano abituato con le passate opener epiche e cadenzate. “Time Is God” picchia duro con power chords scuola James Hetfield pesanti come macigni, enfatizzati dai possenti pattern di Söderlind, intento a percuotere le pelli come un fabbro con la propria incudine. Si passa poi alla granitica e doomy “To Isengard” con il suo magnetico e cupo rifferama simile a una motosega e l’orrorifica atmosfera di fondo creata dalla tastiera di Peterson. Azzeccata rappresentazione, per l’incedere lento e bellico, dell’ultima marcia degli Ent descritta ne “Il Signore degli Anelli”, cui fa riferimento il testo. Una piccola perla di cui realizzano anche un tetro e glaciale videoclip. “Why?” è una struggente ballata intimista dedicata alla memoria del fratello di Eriksson scomparso prematuramente per annegamento alla tenera età di otto anni. Difficile rimanere impassibili di fronte alla carica emotiva che scaturisce dall’evocativo arpeggio e dalla disperazione impressa nel cantato di Rytkönen e un gelido brivido s’insinua tra le vertebre dell’ascoltatore. Molto bella anche l’accoppiata “Mad Messiah”, un’aspra critica ai falsi profeti come il folle Jim Jones, e l’introspettiva “Another Dawn”; tanto da dare quasi la sensazione di un album in crescendo, dopo l’appassionante serie iniziale. Atmosfere solenni dal flavour vagamente orientale e composizioni ricercate, sulle quali il solito Rytkönen tesse delle linee vocali varie e accattivanti, confermando una certa abilità col vibrato. “In The Court Of The Crimson King” (di cui girano il secondo video promozionale) riparte a spron battuto a metà strada tra thrash compresso e i riff fischianti ‘Painkiller-iani’ dei Priest: diretta e trascinante. Ottimo trampolino di lancio per il seguente fenomenale trittico composto dall’oscura “Sorrow Calls”, una delle migliori power ballad del loro folto repertorio, la sulfurea “Where Insanity Rules” e la caustica “Shadows Of God”, molto indicate per tenere in allenamento i muscoli del collo. In chiusura troviamo un altro tributo agli scritti di Tolkien: “Gil-Galad (The Sanctified)”, un cupo brano narrato e una ghost song, una specie di divertente medley di cover tra le quali si riconosce la versione stravolta di “Just Can’t Get Enough” dei Depeche Mode.

“Sanctified” è l’album della definitiva consacrazione dei Morgana Lefay, che li porterà a calcare assiduamente i palchi europei in compagnia di gruppi come Tad Morose e Memento Mori e, in seguito, anche con i Gamma Ray; ottenendo oltretutto dei buoni riscontri tra i metalheads. Motivo per cui nella mente degli scandinavi inizierà a prendere corpo l’idea di un lavoro ancora più ambizioso intitolato “Maleficium” (1996).
Una band assolutamente da riscoprire e valorizzare.

Orso “Orso 80” Comellini

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Track-list:
1. Out In The Silence 4:04
2. Time Is God 5:07
3. To Isengard 5:15
4. Why? 5:22
5. Mad Messiah 5:03
6. Another Dawn 4:43
7. In The Court Of The Crimson King 3:43
8. Sorrow Calls 8:18
9. Where Insanity Rules 4:13
10. Shadows Of God 4:10
11. Gil-Galad (The Sanctified) 7:35

All tracks 57 min.

Line-up:
Charles Rytkönen – Vocals
Tony Eriksson – Guitar
Daniel Persson – Guitar
Joakim Heder – Bass
Jonas Söderlind – Drums
 

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