Recensione: Sands of Time

Di Eugenio Giordano - 1 Dicembre 2003 - 0:00
Sands of Time
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Anno: 2003
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74

Dopo aver portato in Europa gli ottimi Dungeon, la Lmp Music ritorna in terra australiana per scoprire una nuova e molto promettente realtà del metal locale, questi ottimi Black Majesty, il gruppo giunge all’esordio con questo “Sands of time” e devo dire che il debutto promette grandi cose. Come ormai solito presso le fucine della Lmp Music anche in questo caso nulla viene lasciato al caso e ogni dettaglio sonoro del disco mostra una lavorazione tecnica estremamente professionale che garantisce un sound straordinariamente preciso e competitivo lungo tutta la durata del platter. Non è facile descrivere lo stile dei Black Majesty, in primo luogo il gruppo non ha nulla a cui spartire con il power tedesco, anche sotto il profilo melodico questi ragazzi si staccano nettamente da quanto ascoltato dalle band del Vecchio Mondo. Direi che i Black Majesty appartengono artisticamente alla scuola americana del power epico che negli ultimi anni ha trovato i suoi alfieri migliori nei Kamelot. Quindi è giustificabile l’utilizzo del termine power affiancato al progressive apprezzabile nell’ossatura generale del disco basata su riff intrecciati e spesso molto tecnici che si alternano con perizia e ambizione in ogni brano. Il suono delle chitarre è possente, elegante ed oscuro, capace di riempire l’orecchio senza eccedere in violenza, lasciando spazio al cantato e al lavoro della sezione ritmica, un concetto artistico, questo, che appartiene a band molto più affermate rispetto ai Black Majesty e che è un motivo di vanto per questi australiani. A fianco alle strutture epiche si notano evidenti digressioni progressive, mai eccessive, basate ancora una volta sul sound fluido delle chitarre più che sulle solite tastiere, in questo i Black Majesty ricordano i primi Queensryche anche se con le dovute precauzioni.

Ottima la iniziale “Fall of the reich” chiarisce immediatamente le idee sulle capacità del gruppo, una serie di riff ispirati sorreggono una notevole interpretazione vocale, molto personale e decisamente lontana dal solito strillare insipido di altre band. Più power oriented “Legacy” ricorda molto da vicino quanto detto dai Kamelot con brani del calibro “Until kingdom come”, anche in questo caso i nostri australiani si mantengono personali e potenti senza seguire un trend preciso. Il disco prende una piega decisamente più interessante solo dopo la terza “Guardian” una complessa canzone basata su strutture fluide e intelligenti che non dimenticano spunti epici e melodie portanti nei ritornelli, si stenta a credere che un brano di questa portata artistica stia su un disco d’esordio. La tilte track continua sulla falsa riga della precedente ponendo il gruppo alle prese con riff granitici e parti vocali dal vago sapore drammatico, il tutto coadiuvato con eleganza e perizia come solo i grandi act della scena metal moderna sanno fare. Lo strumentale “Destination” lascia spazio alla eccellente “Journey’s end” una nuova prova di composizione sopraffina su quasi sette minuti di durata, i Black Majesty si misurano con melodie minori ed enfasi drammatica, ancora una volta tutte le caratteristiche del sound della band si fonodono in un equilibrio innegabile. Più dinamica ma sempre giocata su queste riuscitissime melodie minori “Colliding worlds” è incentrata su tempi rapidi e su intelligenti cambi di tempo che continuamente sorprendono l’ascoltatore. Sconcertante a livello compositivo “No sanctuary” si muove attraverso atmosfere epiche ma nasconde un’anima malinconica, un solido pavimento chitarristico si infrange al cospetto della sezione ritmica sempre intenta a ricombinare le carte in tavola e rigenerare il tiro del pezzo. La lunga “Beyond reality” affianca chitarre portanti dal vago sapore maideniano a un capolavoro vocale nel ritornello, qui il gruppo scopre l’impiego dei cori lasciando decollare un refrain bellissimo, comunque sempre dal sapore minore, a tratti drammatico. La conclusiva “Lady of the lake” è una romantica ballad pianistica che pone fine al disco.

In breve devo ammettere di essere rimasto piacevolemnte sorpreso da questi ragazzi, già in questa prima prova i Black Majesty si dimostrano raffinati compositori e musicisti metal molto personali, se amate un certo tipo di power metal epico dalle tinte proressive, o se più semplicemente adorate i Kamelot date un ascolto a questi ragazzi, non rimarrete delusi.

1. Fall of the reich
2. Legacy
3. Guardian
4. Sands of time
5. Destination
6. Journey’s end
7. Colliding worlds
8. No sanctuary
9. Beyond reality
10. Lady of the lake

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