Recensione: Savage Amusement
Siamo nel 1988 e gli Scorpions, tre anni dopo il successo del loro “World Wide Live”, tornano sul mercato con l’album che forse dà una decisa svolta al loro carriera di rockers, ovvero Savage Amusement. Numerose sono le novità presenti, sia per quanto riguarda l’underground di questa
dodicesimo lavoro degli Scorpioni, sia per la musica stessa che il lavoro contiene. E’ l’ultimo album creato con la collaborazione del produttore Dieter Dierks, manager a dir poco storico (sempre presente eccezion fatta per i primi due album). Musicalmente Savage si presenta per molti versi come il primo modello di album della band dedicato a una più vasta gamma di pubblico, dire che è commerciale mi pare un po’ esagerato, anche se sicuramente non utopico. La musica presente è sempre un ottimo hard rock, ma differente sia dai primissimi dischi (e fin qui nulla di strano, l’hard rock degli anni 70 era passato da tempo come stile compositivo per gli Scorps), sia da quell’Hard&Heavy che aveva fatto sfondare tutti i record alla band, in termini di popolarità personale, fino a tre anni prima.
I riff chitarristici sono sempre parte integrante della produzione musicale, ma sono meno sonori e più uniformi come ritmo, più regolari e senza dubbio meno pirotecnici (cosa che si sente soprattutto negli assoli, mai troppo fuori dagli schemi), pur mantenendo una capacità di coinvolgere chi ascolta davvero molto elevata. Le nove song (due delle quali, “Don’t stop at the Top” e “Passion Rules the Game”, sono coverizzate con ottimo risultato, da Children of Bodom e To die For) sono su un livello qualitativo medio alto, senza eccellere troppo le une sulle altre, e la voce è, anche
se non quella dei tempi d’oro, come sempre punto fermo, ovviamente di forza, per un Meine che personalmente reputo tra i migliori, meno conosciuti e più sottovalutati interpreti storici del ruolo nell’hard rock, almeno a livello puramente di tonalità e intonazione.
Savage Amusement si apre con una canzone che è una specie di incitazione, ovvero “Don’t Stop at the Top”, che attacca con una lead guitar che lascia spazio a un riff non esplosivo in senso letterale, ma trainante, e che ci porta subito nel cuore della canzone. Proprio questo riff è sicuramente la cosa che più mi rimane in mente della canzone, che la rende subito riconoscibile, soprattutto quando è suonato nella parte centrale della song, senza voce al seguito. Non è per intenderci una canzone eccezionale, ma che si stampa in testa e “intrippa”, questo senza dubbio. Molto carino anche l’assolo, pur essendo tutto tranne che quello debordante cui gli Scorps ci avevano abituato fino a pochi anni prima. Seconda song è la famosa, e inserita in vari best of, “Rhythm of Love”, che a suo tempo ebbe un video censurato. Personalmente la reputo a un livello di composizione generale inferiore rispetto alla precedente traccia, anche se non nego che ha un buon refrain. Abbastanza dinamica e molto coinvolgente è la terza “Passion Rules the Game”, canzone con bel bridge e molto bel ritornello,
pensato ed eseguito con stile da Jabs e soci. La voce è molto diretta ed accattivante. Niente di che l’assolo, carino ma troppo spezzettato per i miei gusti. La quarta traccia è forse paradossalmente quella forse più commerciale per come è composta, ma allo stesso tempo la più coinvolgente avuta finora sull’album, ovvero “Media Overkill”. Già l’apertura con tutti quegli strani effetti sonori e voci distorte non fa pensare un granchè bene, ma quando attacca la chitarra la musica si ribalta e si
va in strada a tempo di rock, come si suol dire. Gran basso di sottofondo, ritmo incalzante anche se non veloce, e sublimazione nel semplice ma efficacissimo ritornello, seppur con la voce non originale ma un pò modificata. Assolo con strumenti distorti niente male, forse un pò grossolano, ma, anche qui uso un termine straripetuto, efficace. La canzone che fa da spartiacque all’album è la ballata “Walking on the Edge”. Non è la classica ballad stile Scorpions, infatti è tutto sommato abbastanza cruda e diretta, pur mantenendo a livello di strofe una melodia che definire brutta sarebbe da eretici. In sede di ritornello invece Walking esplode con tono di accusa, con risultato complessivo di un eccellente mix tra rabbia e dolcezza. L’assolo di chitarra elettrica riassume questo mix al massimo dell’espressione. Si torna parzialmente indietro di qualche anno con l’esplosiva “We let it Rock… You let it Roll”. Ottimo drumming, gran
chitarra elettrica in apertura, ritmo rapido ed accattivante, il pezzo non è un uragano come lo erano quelli di un lustro prima, ma rimane decisamente il più avanti sotto questo aspetto in questo disco, difendendosi abbastanza bene, pur mantenendo quell’equilibrio descritto in sede di presentazione dell’album, solo un pò più estremizzato. Ritorno al citato equilibrio delle
prime tracce con la buona “Every Minute, Every day”, che forse reputo la canzone più “noiosa” del lotto, anche se dotata di più che decenti assolo e ritornello, nonchè di una voce senza molte pecche. Molto potente l’attacco di “Love on the Run”, che si sviluppa in modo simile a “We let it…”, con
una eccellente batteria, una chitarra più frenetica e fantasiosa, ma una minore capacità di attrarre chi ascolta, rispetto appunto a We let it rock.
La chiusura di Savage Amusement è affidata come da tradizione all’ennesima eccezionale Ballad partorita dalla band di Hannover. In questo caso si tratta della dolcissima e tristissima “Believe in Love”, che appunto si può riassumere in due parole, dolcissima e tristissima, ma con un fondo colmo di speranza. Finisce così questo senza dubbio particolare album, forse come detto il primo progetto davvero commerciale della storica band, ma progetto che, almeno per chi scrive, coinvolge davvero tantissimo tra le sue spire.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
1) Don’t Stop at the Top
2) Rhythm of Love
3) Passion rules the game
4) Media Overkill
5) Walking on the Edge
6) We let it Rock… You let it Roll
7) Every minute, every day
8) Love on the run
9) Believe in Love