Recensione: Scalding Coldness

Di Giorgio Vicentini - 23 Agosto 2005 - 0:00
Scalding Coldness
Band: Old Wainds
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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91

Non poteva che provenire dalle sperduta (o quasi) Murmansk, nella Confederazione Russa, uno degli act “unholy black” più esaltanti degli ultimi anni: quegli Old Wainds autori di tre full lenght tra cui lo stupendo Where the Snows Are Never Gone, diamante grezzo di raro valore rimasterizzato nel 2004.

Era difficile bissare la purezza incontaminata di tale lavoro ed essendone più che conscio, il terzetto nemmeno ci prova, sfornando un disco leggermente diverso, più ragionato, ordinato e ponderato ma pur sempre pieno di adorazione per i ghiacci perenni, le foreste cariche di neve dal fascino primordiale.

In questa recensione ripeterò fino al mio e al vostro sfinimento un concetto: è chiaro come il sole (o come la neve?) che la parola d’ordine per Scalding Coldness è “feeling nordico”, quello autentico difeso con armi quali sonorità intense e chiare, frutto di una produzione di qualità. Pezzi travolgenti come una tormenta attraverso la quale si odono degli sporadici cori vichinghi (“Scalding Coldness”), praticamente presi di sana pianta dalle sessioni di Eld; brani tirati, riffing ispirato, velocità e grande dinamismo. Tutti elementi rinfrancati da vocals marce in russo, quindi totalmente incomprensibili ma stupendamente adatte allo scopo, continui giochi tra melodia ed aggressione, folate di vento sferzanti quanto l’enorme break finale di “Through Icy Wilderness of the Forest”, semplicemente il gelo in musica.
Costruiti con mestiere e personalità, molti brani si dimostrano in grado di tornare alla carica più volte lungo la loro durata, sulle ali di un nuovo tema ancor più indovinato del precedente e con enfasi rinnovata, correndo sicuri in poderose accelerazioni (“In the Glance of the Dead”). Brani chiave dell’album? Essenzialmente due: la già citata “Through Icy Wilderness of the Forest” e “Wolves in White”, pezzo più “caotico” e furioso, impreziosito dall’ennesimo tema da brividi.

Facendo un confronto con il passato, gli Old Wainds attuali sono una band maturata, meno rude e che ha perso qualche punto di furia a favore di un maggiore controllo, eccezionalmente al servizio dei soliti e solidi stilemi musicali che ne hanno contraddistinto fino ad oggi la produzione. 
Resta il fatto che Scalding Coldness è un disco quasi perfetto, il Black Metal al massimo della sua forma, un ghiacciaio farcito d’odio costantemente votato ad enfatizzare il lato più nordico del black; puro, sincero, evocativo quando necessario e furente lungo ottimi intrecci di chitarra. Forse una dose della vecchia travolgente naturalezza l’avrebbe elevato a rango di immortale, ma in questo caso si sarebbe trattato di disco epocale e non sono convito che sia ancora possibile comporne nel 2005. 

Scalding Coldness ha un potere: quello di ricreare le sensazioni di una continua corsa tra paesaggi innevati sferzati dal vento del nord, di un volo libero sopra gli scorci naturali che impreziosiscono il booklet. Accendiamo la torce ed immergiamoci ancora una volta nei boschi, lasciandoci sopraffare lentamente dalla morsa del gelo guidati dagli Old Wainds

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