Recensione: Scarface
Tornano gli SNP (Stato Nervoso Precario) con una nuova release, intitolata “Scarface”. Composto da ben 14 tracce, molto diverse l’una dall’altra e intrise di un certo eclettismo nella forma stilistica, “Scarface” può essere considerato un solido e massiccio album di thrashcore con più di un riferimento al nuovo fenomeno comunemente denominato “nu metal”. La band italiana si pone con questo album in maniera scarna ed efficace a partire dalla copertina, raffigurante un minaccioso volto tatuato in rilievo su uno sfondo blu.
Ad aprire l’album, in maniera potente e decisa, troviamo “Bleeding Eyes”. Il riff d’apertura non lascia dubbi sull’intenzione del combo di colpire l’ascoltatore con un sound sporco, dove sfuriate elettriche si alternano a momenti dove l’armonia gioca un ruolo di efficace contraltare melodico. Le vocals assecondano questa perdurante alternanza di momenti di forte impatto sonoro e aperture melodiche, così come sembra fare il drumming che pone bene l’accento sui due aspetti della song in maniera puntuale ed efficace. Non posso esimermi dal precisare di non essere un estimatore di “nuove sonorità”, di ritmiche stoppate e suoni sporchi ed impastati (come la vulgata new metal impone), ma devo riconoscere che questi ragazzi eseguono il brano seguendo sì questo “copione” ma senza eccedere e con una discreta dose di originalità. La successiva traccia, “Scarface”, da il titolo all’album e la virata stilistica si fa più evidente privilegiando suoni più moderni, miscelando echi quasi orientaleggianti con armonie che vagamente ricordano i primi Tool ma con in più un sound meno pulito e più scarno. Punto di forza del brano è il refrain principale, dai toni quasi sofferti dove le vocals sprigionano in maniera eclatante tutta la drammaticità della melodia portante del pezzo. Passando ad “Angels” la band apre il brano prima con ritmiche cadenzate, sulle quali si stende un riffing morbido senza overdrive. Questa parte, distensiva, lascerà poi spazio ad un alternarsi di momenti di più diretto impatto dove il riffing, cupo e potente, viene sostenuto da un drumming ossessivo ed efficace. La quarta traccia, “Wrong”, è una mazzata sui denti dove le ritmiche veloci e quasi convulse fanno da ideale base per un riffing serrato e sempre e come al solito dai potenti suoni “impastati”. La ruvidezza del sound d’insieme viene mitigata, però, nell’assolo centrale che propone una divagazione dai toni melodici più accessibili per poi “riallacciarsi” al riff di base con ostinata ossessività. Con “Jesus was a mexican” il combo ammorbidisce il sound quasi cullando l’ascoltatore con arpeggi dal fascino cupo per poi lasciare spazio ad un’esplosione di overdrive che acuisce la pesantezza del tema d’apertura. Sicuramente in questo brano si nota il tentativo da parte dei ragazzi di diversificare la propria proposta musicale, dando in pasto all’audience forse la song più interessante, se non altro per la suggestiva cornice melodica di base che la sorregge. “Strong Coffee” spezza prepotentemente le atmosfere della precedente song trascinando l’ascoltatore in un vortice di riffs taglienti, veloci, sostenuti “prepotentemente” da un drumming incalzante. La vena thrashcore del combo in questo brano esce eclatantemente allo scoperto e mi verrebbe voglia di riascoltare i Nuclear Assault di “Game Over” (per fare un esempio) tante sono le similitudini che ho ravvisato in alcuni passaggi. Proseguendo nell’ascolto con la successiva “Betrayal” la band torna a picchiare duro con un’altra track dove i nostri ripropongono nuovamente riffs stoppati, ritmiche martellanti e vocals aggressive. Qui si chiude la “prima parte” dell’album. Con “Andromeda” se ne apre una “seconda” decisamente diversa sia nell’impostazione del songwriting che per quanto riguarda dettagli come le liriche che in questo caso sono completamente in italiano. La insolita scelta linguistica in un genere come quello proposto dal gruppo alla fine non si rivela sbagliata e permette al singer del gruppo di esprimere con forza la cupezza del tema fondante del brano. Di sicuro gli SNP provano a “sperimentare” nuove soluzioni stilistiche a partire da questo pezzo, che però soffre di un’eccessiva ossessività e ripetività. “Forsaken” ripropone l’accento su ritmiche serrate e un riffing potente e sporco, anche se miscelato con spunti quasi industrial. Anche in questo caso la band gioca la carta della ossessività delle melodie di base, limitando gli spazi per qualsiasi “divagazione” armonica. La successiva e rabbiosa come sempre “My Fear” trova il suo momento interessante nell’assolo, tagliente e quasi straziante, che si pone da ideale contraltare alla violenza del riffing di base (dove da segnalare sono gli stop and go ben costruiti). L’intercalare delle ritmiche è il punto focale della undicesima “Space Jackals” dove la band fonda l’essenza dell’intero brano che scorre quasi “fulmineo” fino a conclusione. Senza lasciare respiro si passa subito a “The pride you feel” e il combo nostrano estremizza ulteriormente il riffing che sembra quasi sfociare in soluzioni “noise”, sottolineate prepotentemente da una sezione ritmica decisamente “furiosa”. Quasi nessuna concessione è presente all’armonia in questo brano, cosa decisamente presente a piene mani nella penultima “Firewoman”, la traccia a parere del sottoscritto più interessante del platter. La discontinuità con il resto dei brani è eclatante, ma i ragazzi dimostrano buona capacità di stuzzicare l’ascoltatore con melodie tristi e decadenti di un certo fascino. Un sottofondo orchestrale aggiunge la giusta sontuosità al tutto e un bell’assolo pone il sigillo ad un pezzo ben congegnato. In chiusura “Flying Away” sembra approfondire il discorso precedentemente affrontato, mirando maggiormente a stuzzicare l’ascoltatore con melodie quasi sognanti, merito del commento per sitar che aggiunge un che di “oriental” che non guasta affatto.
Provando a trarre le conclusioni di questa lunga recensione non posso esimermi dal ribadire che certe nuove sonorità nel metal non mi hanno mai entusiasmato più di tanto. Non certo per chiusura “mentale” quanto per una personale concezione del metal stesso come sempre l’ho ascoltato ed inteso. Gli SNP propongono, con sincero coraggio e onestà (mi si passi il termine), un thrashcore con evidenti sconfinamente nel cosiddetto NU (o “new metal”). Ma il problema, ad ascolto ultimato, forse non è tanto e solo questo quanto l’eccessiva durata dei brani dove una monolitica ripetizione dello stesso cliché della prima parte del platter viene poi seguita da una seconda con tutt’altre coordinate musicali. Ecco, la disomogeneità del disco è forse la vera pecca di questo lavoro. Non me ne vogliano gli SNP, ma con una tracklist meno “affollata” ed un lavoro più attento nella composizione della stessa avrebbero sicuramente giovato a “Scarface”.
Tracklist:
Bleeding Eyes
Scarface
Angels
Wrong
Jesus Was A Mexican
Strong Coffee
Betrayal
Andromeda
Forsaken
My Fear
Space Jackals
The Pride You Feel
Firewoman
Flying Away
Line Up:
Reggy: Vocals and guitars
Sergio: Drums
Pietro: Bass and backing vocals
Piero: Guitars