Recensione: Scars Of The Crucifix
Un ritorno in grandissimo stile! Il cambio di etichetta deve aver giovato non poco all’umore di Glen Benton, uno dei personaggi più discussi che la scena porti con sè. Li avevamo lasciati con dei lavori sottotono (anche per stessa ammissione della band) rispetto alle aspettative, ed ecco che si ripresentano armati di un disco degno dei tempi d’oro. Scars Of The Crucifix è uno di quei Cd che parla da sè: impregnato di stile, uno stile riconoscibile fra molti, e martellante dall’inizio alla fine. Un lavoro che non ha bisogno di vivere all’ombra di un nome, come era stato per gli ultimi due della band. Insomma, tutto quanto era lecito aspettarsi da un gruppo storico, se non di più.
E’ forse azzardato un paragone con le prime uscite: ma la commistione di malvagità e brutalità non è forse ciò che li contraddistinse in quegli anni? Ed è proprio questa la caratteristica saliente di questo ultimo cd. Un connubio difficilmente raggiungibile quando non si vuole rinunciare alla purezza sonora tipica dei Deathsters più intransigenti. In queste 9 tracce il gruppo utilizza tutta la classe che gli ha permesso di arrivare dove sono oggi, dando vita ad un lavoro che contiene in sè tutte le caratteristiche sopra citate. Ben lungi dall’essere un mattone di Death metal, con riff e tempi uguali dall’inizio alla fine, Scars Of The Crucifix mette in mostra brani e strutture variabili, figlie di un gruppo che si rinnova di canzone in canzone pur legando il tutto col proprio suono unico.
Penso che tutti avremmo gradito qualche minuto di ascolto in più, ma, tolto questo difetto marginale, sono poche le pecche del lavoro. Forse qualche sparata solista di troppo, ma questo sarebbe veramente andare a cercare il pelo nell’uovo. Musicalmente questo è un Cd che bada molto più alla forma che alla sostanza: costruito sulla forza di killer-riff uno più bello dell’altro, con poco spazio per esibizionismo tecnico e riempimenti. Con la title-track, ottimo modo di aprire le danze, e “Fuck Your God” si raggiunge l’apice in tale senso: soprattutto nella prima, l’incrociarsi delle due chitarre in apertura riporta piacevolmente alla mente i tempi d’oro della band. Ottimi poi i ritornelli di entrambe, costruiti su intuizioni chitarristiche tanto essenziali quanto efficienti. Stupenda anche “When Heaven Burns”, la canzone più anomala inserita in scaletta: anomala a dir la verità solo per l’apertura insolitamente melodica, che viene ripresa verso metà canzone.
Nessuno si aspettava un capolavoro dalla formazione storica, eppure bisogna ammettere che ci sono arrivati proprio vicini. Mi sembrerebbe eccessivo parlare di Scars Of The Crucifix come di un lavoro essenziale, ma nemmeno si può considerarlo alla stregua delle tante uscite. Se a renderlo un lavoro fra i tanti c’è la sua incrollabile fedeltà alle sonorità Death metal primitive, a dargli la marcia in più c’è stata evidentemente l’esperienza di una band che ha un ampio bagaglio di esperienza da cui attingere. E questa volta l’ha fatto alla grande. Inutile aggiungere l’impeccabile prestazione tecnica, la registrazione potente e pulita, e una prestazione dello zio Benton che può ancora mettere a tacere la maggior parte dei cantanti della scena. Sicuramente già da ora tra i candidati per il titolo di miglior cd Death Metal dell’anno.
Matteo Bovio
Track list:
01.Scars Of The Crucifix
02.Mad At God
03.Conquered By Sodom
04.Fuck Your God
05.When Heaven Burns
06.Enchanted Nightmare
07.From Darkness Come
08.Go Now Your Lord Is Dead
09.The Pentecostal