Recensione: Science of Annihilation
Corsi e ricorsi storici. Passano gli anni, e la musica metal segue strade tortuose, si incanala in sentieri che portano a commistioni con altri generi, per un solo fine: rinnovarsi. Ma (nemmeno tanto inaspettatamente) le band che ancora oggi riempiono stadi, palazzetti, che fanno sold-out e che vengono idolatrate sono le stesse che sfornavano dischi negli eighties e nei nineties; un attestato di stima, una professione di fede che dovrebbe forse farci riflettere sul fatto che se questo genere ha raggiunto la sua notorietà e il suo status è grazie a quei canoni stabiliti dai “monsters of rock” lustri fa.
Perchè questa introduzione per una band che è venuta fuori solo nel ’99 grazie ad un contest organizzato dalla rivista Rock Hard? Molto semplicemente, i Cage, da bravi chierichetti, imparano la lezione dai preti e la ripropongono ammodernandola con una produzione aggiornata e arricchendola di sfumature americane (per propria costituzione genetica, visto che i ragazzi sono di San Diego) che donano un flavour retrò e al tempo stesso maledettamente catchy. Le allusioni nelle righe precedenti ai Judas Priest sono perfettamente opportune, visto che l’ispirazione principale dei californiani è proprio il masterpiece “Painkiller”, con tutti i suoi clichè di riff quadrati, doppia cassa come il prezzemolo, linee vocali altissime e refrain che si insinuano subito nel cervello. D’altronde non c’è da stupirsi, i Cage sono al quinto album e anche nei precedenti si son sempre dimostrati passionali concubini di quell’heavy metal figlio dei Priest, degli Agent Steel, degli Helstar, e ciò gli ha fruttato vendite di spessore e, allo stato attuale delle cose, anche il primo tour in Europa da headliner per promuovere questo ultimo album.
E appunto, venendo all’album, questo Science of Annihilation è un concentrato di heavy purissimo con tinte americane che, a differenza del predecessore Hell Destroyer, lascia da parte gli intermezzi in favore di un continuum metallico veloce e granitico.
Il disco inizia con l’intro parlata The power that feeds, che conduce alla prima hit, Planet Crusher; riff roccioso, scream in crescendo, doppia cassa, ecco la conferma al primo ascolto che i Cage non hanno per niente virato il proprio songwriting. Un velo di epicità ricopre tutto il brano, soprattutto nel bridge; gli assoli, infine, sono una cascata di sweep. Senza soluzione di continuità si arriva a Scarlet Witch, altra poderosa mazzata con drumming invasato e vocals acutissime. Spirit of Vengeance è più cadenzata rispetto alle precedenti, ma risulta essere fin troppo accademica (e già che l’originalità non è il loro forte). Black River Falls invece ha un sapore più americano, soprattutto nella costruzione delle linee vocali, con backing in growl (azzeccatissime) e riffing sostenuto; a metà brano c’è inoltre un ottimo intermezzo melo-acustico. Operation Overlord, così come la successiva Power of a God, tornano sui binari canonici dei pezzi d’apertura, mentre l’acceleratore viene premuto fino in fondo con Speed Kills, brano di una velocità di esecuzione e di un impatto impressionante. Stranger in black è forse la canzone meno convincente del platter, troppo piatta nel songwriting, anche se le scelte vocali sono eccezionali; discorso simile può esser fatto per Die Glocke, anche se c’è una maggiore personalità, soprattutto nel bridge e negli intrecci di cori del refrain; simpatico anche l’intermezzo rockettaro. Nel finale troviamo la trilogia che dà il titolo al disco, composta dall’introduzione acustica “Spectre of war”, dalla title-track e dall’outro At The Edge Of The Infinite; la pièce è ben composta, anche se a onor della verità non aggiunge niente rispetto al resto del disco.
La produzione, per ciò che concerne il formato fornito alla stampa (un digital-pack) è di qualità buona ma non eccellente. Discreta la resa delle chitarre, con maggiore cura nelle sezioni ritmiche e suoni a volte troppo plasticosi nelle parti solistiche; il basso ha un suono discernibile dal resto della strumentazione, ma il volume poteva essere ritoccato leggermente al rialzo; la voce ha una produzione eccezionale, ottima l’effettistica e la scelta delle armonizzazioni, equalizzazione che rasenta la perfezione; la batteria è forse lo strumento meno curato, visto che i patterns suonano quadrati e precisi, ma il rullante ha un suono decisamente secco e poco reverberato (a volte sembra addirittura finto) e i piatti sono poco brillanti, ma nota di merito alla resa della cassa che esce potente e compatta dalle casse.
Science of Annihilation è sinteticamente un distillato di heavy classico; nessuna innovazione, nessuna concessione, solo puro metal suonato con dedizione e convinzione. Un disco che merita assolutamente un voto alto per la sua compattezza e genuinità, e che sarà vera manna dal cielo per i metalheads dai gusti più canonici.
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Luca “NikeBoyZ” Palmieri
Tracklist:
01. The Power That Feeds
02. Planet Crusher
03. Scarlet Witch
04. Spirit Of Vengeance
05. Black River Falls
06. Operation Overlord
07. Power Of A God
08. Speed Kills
09. Stranger In Black
10. Die Glocke
11. Spectre Of War
12. Science Of Annihilation
13. At The Edge Of The Infinite