Recensione: Scorched
Ehhhh! Qui è dura essere oggettivi. Non nascondo che gli Overkill sono tra i miei preferiti (ne ho parecchi di preferiti, ma vabbè …) già da ‘Feel the Fire’, primo loro Full-Length del 1985.
Avevo comprato l’album dopo averne letto su HM ed essere rimasto colpito dalla copertina, con i quattro artisti in ombra, minacciosi, con le fiamme sullo sfondo, invece che i soliti diavoloni, divinità della morte, scene guerrafondaie o apocalittiche.
Ma quello che usciva dai solchi!!! ‘Feel the Fire’ è uno degli album che non mi sono mai stancato di ascoltare.
La storia degli Overkill è ben nota: i successi del loro primo periodo, i cambi di formazione, gli alti e bassi con i tentativi sperimentali, i problemi di salute di Bobby, ecc. Io non aggiungerei niente di nuovo, per cui condensiamo e parliamo subito del loro nuovo album: ‘Scorched’, disponibile dal 14 aprile 2023 attraverso Nuclear Blast e ventesimo album da studio.
Con ‘Scorched’ gli Overkill restano sulla strada che hanno tracciato con ‘Ironbound’ nel 2010, inseguendo la loro traiettoria artistica, magari accelerando, ma senza sbandare e correre il rischio di impantanarsi nei fossati che possono esserci lungo i bordi: Thrash Metal 100%, che piaccia o meno, nel loro stile impetuoso e rovente, discendente di quella Vecchia Scuola di cui loro stessi sono parte integrante e sostanziale.
Il pezzo forte di ‘Scorched’ è il Wall of Sound costruito dalla ritmica, incredibilmente solido e ben fondato, di quelli che, se ci sbatti contro ti fai parecchio male e, se per caso sopravvivi, gli Overkill sono lì a prenderti a bastonate.
Le dieci tracce che lo compongono sono dense e robuste, senza cedimenti, risultato di un’esperienza forte di quattro decadi, che è maturata attraversando tutto il tessuto storico del Thrash, dal suo lancio, all’ascesa, al declino dei maledetti anni ’90 fino alla ripresa ed anche affondando i propri denti in un panorama musicale più vasto (si vedano, anzi si ascoltino, ad esempio, ‘American Made’ del supergruppo BPMD, dove “B” sta Bobby ‘Blitz’ Elssworth e ‘Barricade’ di D.D. Verni).
Gli Overkill sanno quello che chiede il loro pubblico e sono in grado di darlo. Che poi l’esperienza ed un buon intuito siano a discapito dell’istinto e della spontaneità … beh non si sa … non polemizziamo, quel che conta è che ‘Scorched’ è un bel disco (e d’altronde, questo ragionamento, lo si può fare praticamente per tutti i gruppi storici).
Lo spettro espressivo della voce di Bobby ‘Blitz’ continua ad essere la caratteristica principale che rende gli Overkill immediatamente distinguibili e unici: rabbia indomita, prepotenza, irruenza, stati d’animo ed emozioni di chi vuole insorgere che corrono imperituri per tutto il disco. Una voce incredibile, riassumo!
Nonostante siano essi stessi un’influenza per tanti arrivati dopo, nel disco si sentono le loro: i capostipiti Judas Priest e Black Sabbath affiorano in più punti ed anche qualcosa di più antico: quel blues maledetto e scuro da cui è partito tutto, reso ruvido e spinto al massimo.
Il lavoro è completo: c’è la potenza devastante della Title-Track, con un’introduzione marcata che tiene sulle spine, c’è la velocità abrasiva e d’assalto della martellante ‘Goin’ Home’.
Irrequietezza e strafottenza guidano ferocemente ‘The Surgeon’, fino a trasformarla in un ritmo pesante ed oppressivo, mentre la smodata ‘Twist of the Wick’ ha una forte carica epica.
C’è il groove denso e tenebroso di ‘Fever’, intriso anche di una certa tristezza e c’è, naturalmente, il loro coinvolgente e adrenalinico Thrash ‘N’ Roll, sempre pronto a mettersi in evidenza, come in ‘Wicked Place’ e ‘Harder They Fall’.
Devo dire che non è tutto immediato e qualche pezzo qua e là bisogna ascoltarlo più di una volta perché diventi fluido, ma, d’altronde, la passione degli Overkill per la complessità delle strutture sonore è risaputa.
Non c’è altro da dire, il ruggito dei vecchi leoni continua a risuonare imperioso e potente e con ‘Scorched’ gli Overkill rivendicano la sovranità sul loro regno. Gran bell’album!!!