Recensione: Scoring A Liminal Phase
Scoring A Liminal Phase: Ten Strategies For Postmodern Mysticism è l’ambizioso titolo del primo full-length dei Mystical Fullmoon, formazione black metal proveniente da Milano. La loro storia, tuttavia, è ben più antica dell’album qui in esame, dato che il loro EP d’esordio, Beyond Somber Passages, risale a ben dodici anni fa; dopo un’assenza così lunga, la band si ripresenta ora come una delle realtà più interessanti della scena estrema italiana. Anche definire la loro musica “black metal”, allo stato attuale, è decisamente riduttivo, poichè c’è molto di più a bollire nella pentola dei Mystical Fullmoon, ivi compresa perfino una sezione di archi ad opera della Bulgarian National Radio Orchestra. Tuttavia, la presenza di un’orchestra non tragga in inganno: la proposta imbastita da Gnosis (voce, basso, programmazioni elettroniche), Arcanus Incubus (tastiere, sintetizzatori, programmazioni) e Hexe (chitarra, programmazioni) va ben al di là di quello che ci si potrebbe aspettare da un tipico gruppo black metal sinfonico.
Sebbene le fondamenta del sound dei Mystical Fullmoon siano costituite dai cardini stilistici propri del black (e dunque voce in scream, blastbeats, e chitarre taglienti), l’impalcatura sonora di Scoring A Liminal Phase si sviluppa seguendo strade inaspettate, che mettono in luce una maestria compositiva di grande rilievo. Ciò che innanzitutto colpisce, delle canzoni dei Mystical Fullmoon, è la loro struttura assolutamente non lineare: la band ha molti assi nella manica per stupire l’ascoltatore, ed è in grado di tenere sempre desta la sua attenzione grazie ai numerosi cambi di tempo e d’atmosfera attraverso i quali si articola ogni pezzo. Le canzoni – quasi tutte di lunga durata – si snodano fra veloci sfuriate, frangenti più cadenzati, intermezzi acustici, interventi elettronici, soundscapes industriali ed espedienti sorprendenti come ad esempio l’uso del sassofono in una traccia. Il riffing spazia dalla freddezza tipica del black a passaggi più corposi maggiormente vicini al death, e di gran pregio sono anche le coinvolgenti partiture disegnate dalla chitarra solista; la batteria scandisce il ritmo in modo vario e preciso, ed ottimo è anche l’utilizzo delle tastiere, capaci di irrobustire e stratificare ulteriormente il sound, e fornire sempre adeguato supporto all’atmosfera, senza risultare invadenti. Similmente, le sezioni orchestrali sono ben integrate nel fluire delle canzoni, e sono utilizzate con una certa parsimonia, così da rendere il loro apporto più prezioso. Uno stile musicale così elaborato è poi mirabilmente accompagnato da altrettanta eleganza a livello lirico, grazie a testi che evidenziano una ricerca profonda e appassionata sugli argomenti trattati dal concept del disco. Da segnalare, infine, la presenza di Wildness Perversion dei Mortuary Drape e Aphazel degli Ancient come guest vocalists in alcune tracce.
Come s’è visto, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta, e il risultato è un sound originale, pieno di sfaccettature, purtuttavia non impeccabile. Le imperfezioni che mi sento di segnalare sono essenzialmente due: una scarsa diversificazione vocale, ed un songwriting a tratti talmente ricco da sfociare nella confusionarietà. La voce è costituita per gran parte da uno scream gelido, acido e velenoso, che ben si sposa coi frangenti più tipicamente black, ma che a volte suona fuori luogo durante i passaggi più tranquilli o più epici. A fronte di una parte strumentale talmente complessa, stupisce che la voce non tenga il passo a tanta varietà: in certi momenti si rimpiange davvero l’assenza di un po’ di cantato pulito (ad onor del vero presente, seppure in dosi molto ridotte e perlopiù sotto forma di versi recitati) o di un po’ di growl. Il songwriting, dal canto suo, per quanto assolutamente meritevole di lodi per la sua ricercatezza, talvolta pecca di organizzazione, finendo per risultare dispersivo: di tanto in tanto sembra che il gruppo si lasci prendere un po’ troppo la mano, riempiendo le composizioni di così tanti elementi da rendere difficile, per l’ascoltatore, seguirne il filo. Un po’ più di equilibrio probabilmente avrebbe aiutato a snellire l’eccessività del carico e a rendere il risultato finale più compatto.
Comunque, questi piccoli difetti non devono distogliere l’attenzione da tutto ciò che c’è di buono – ed è la gran parte – in Scoring A Liminal Phase: siamo al cospetto di un platter coraggioso, che non ha paura di sperimentare e di tentare strade poco battute. E’ evidente che i Mystical Fullmoon sono dei musicisti sopraffini, dotati di un gusto compositivo non comune, ed in grado di proporre qualcosa di originale nel panorama black odierno. Insomma, Scoring A Liminal Phase spicca per i suoi tanti pregi, e ci consegna una band matura e dotata di forte personalità; stavolta il capolavoro è stato mancato per un soffio, ma sarà sufficiente aggiustare un poco il tiro affinchè, per la prossima uscita, il centro potrà dirsi perfetto.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
01 – As I Walk Along The Darkest Paths Of My Soul (08:40) (sample)
02 – Hives (01:54)
03 – Per Speculum In Aenigmate (07:06)
04 – Opening The Shrine Of Janus (09:30) (sample)
05 – Daleth: Journey (Visio In Yule) (04:35)
06 – Omen (Capricorn Vibe) (07:35)
07 – Limbonica Mysteria (10:30) (sample)
08 – Progression Ov Thee Revelation: Nigredo In Mars (03:09) (sample)
09 – Prometheus Unbound (07:01) (sample)
10 – May Wisdom Bless My Path (13:56) (sample)