Recensione: Screamachine
Una fitta e incandescente colata lavica caratterizza l’anima di “ScreaMachine”, omonimo esordio di questa giovane band capitolina, guidata dalla potente voce del bravo Valerio “The Brave” Caricchio ed affidata alle sapienti mani della sempre prolifica Frontiers Music.
L’ottimo artwork realizzato per il disco, eleva immediatamente i Judas Priest a massime muse ispiratrici (impossibile, in effetti, non associarlo al celebre “Jugulator”).
Allo stesso modo, fin dalle prime note dell’iniziale “Demondome”, è assai palese come l’influenza musicale del vecchio “prete inglese” abbia inciso non poco sullo stile del combo tricolore. I nostri infatti aprono le danze con un solido affresco heavy di chiara ispirazione britannica, in cui le chitarre di Alex Mele e Paolo Campitelli si amalgamano inscindibili con la tagliente sezione ritmica del duo Alfonso “Fo” Corace (batteria) e Francesco Bucci (basso), creando un granitico muro sonoro che fa da sfondo ad un refrain diretto e d’impatto.
La successiva “The Metal Monster” conferma la devozione più sincera degli ScreaMachine per la musica dei Judas Priest, intessendo un brano in perfetto equilibrio fra le sonorità 80s di “Ram It Down” e la potenza distruttiva di “Painkiller”.
Certo: non si può dire che l’originalità sia nei piani del gruppo romano, ma il songwriting, indubbiamente, è di ottimo livello.
Con il suo incedere maestoso, “The Human God” bilancia ancora ottimamente potenza e melodia, in un ritornello trascinante e battagliero.
Senza alcun calo di tensione, la massiccia “Darksteel” prosegue la scia di distruzione avviata dalle tracce precedenti e fa da preludio all’adrenalinica e ottima “Mistress Of Disaster”.
Squisiti echi di metallo ottantiano caratterizzano poi anche la seguente “52hz”.
Fin qui una folta schiera di illustri ospiti, quali Simone Mularoni (DGM), Francesco Mattei (Noveria, Ethernity) e Massimiliano Pagliuso (Novembre), hanno contribuito artisticamente ad impreziosire questa opera prima del gruppo tricolore che sulle note di “Wisdom Of The Ages”, ospita il basso del celebre Steve DiGiorgio (Death e Testament fra gli altri) e la voce addizionale di Herbie Langhans (nuovo vocalist dei greci Firewind).
Ancora con grande energia, le seguenti “Silver Fever” e “Dancing With Shadows” (quest’ultima suonata con il contributo chitarristico di Andrea Angelini degli Stormlord), accompagnano l’ascoltatore al cospetto della solenne “Scream Machine”, la quale conclude orgogliosamente un primo album ben confezionato e appagante, per tutti i “Defenders Of The Faith” sparsi per il globo.
Pochi fronzoli, tanta sostanza ed una bella dose di headbanging.
Una formula che si usava con frequenza qualche anno addietro ma che fa sempre immenso piacere riassaporare e rivivere, riscoprendo l’essenza di un genere, l’heavy metal, che non smetterà mai di affascinare plotoni di ascoltatori in tutto il mondo.
Buona la prima!