Recensione: Screenslaves

Di Stefano Ricetti - 19 Dicembre 2008 - 0:00
Screenslaves
Band: Paragon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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69

Mazzate senza scampo di HM quadrato alla tedesca, quindi festival di doppia cassa, incessante e che non fa mai sconti a nessuno, chitarre spesso a duello fra loro oppure in grande evidenza – senza strafare – ma di gran quantità, basso tellurico sempre e comunque e voce urticante a metà fra Udo e Chris Boltendahl dei Grave Digger da parte di Andreas Babuschkin. Questa la definizione minimale di Screenslaves, l’ultima fatica dei Paragon.

Fra le classic-Paragon-song spicca la terremotante Death Next Door, un pezzo che mette a dura prova la resistenza dei pilastri di casa o The Killing Hand, che gronda di riff ultra-ultra-ultra-ortodossi, il resto è come da definizione sopra.

Le piccole variazioni al tema riguardano la parte lenta all’interno dell’opener Hellgore, il power metal di Entombed, l’accenno al growl in Screenslaves (la title track) e il mid tempo per metà brano in Bloodfeast.

Sorpresone assolute, viceversa e nell’ordine, la cover – in versione pesantissima – di Larger Than Life dei Backstreet Boys e la rediviva, peraltro totalmente inaspettata, Legacy  – dall’album The Dark Legacy, 2003 – cantata in italiano e per di più dalla resa inconfondibilmente grezza, senza sconti nemmeno in quest’occasione da parte dei cinque tedesconi. Incredibile ma vero, soprattutto se si pensa che non è una bonus track ad hoc per noi “Italiener” ma fa parte integrante dell’album nella Sua versione ufficiale, quindi a livello mondiale…  

Screenslaves è una sana dose di massiccissimo heavy metal crucco, come ci si aspetta nel caso dei Paragon, indispensabile per quelli in crisi di astinenza da Grave Digger (comunque fuori a gennaio 2009 con Ballads of a Hangman), Unrest, Primal Fear, Gun Barrel, Running Wild o irriducibili nostalgici di gente come Thunderhead, Thundersteel, X-Wild. Certo, i Paragon certe “finezze” delle band sopraccitate manco sanno dove stiano di casa ma conoscono bene come pestare per far uscire dei pezzi pesanti come il Ghiandone dell’Adamello e tanto basta, andando alle radici della musica dura teutonica, con buona pace per tutti.      

Tema molto interessante quello sviscerato nelle liriche, legato alla Nostra dipendenza sempre più sostenuta per la tecnologia: se andiamo avanti così, fra poco, rischieremo un po’ tutti quanti di portarci a letto il display dell’ultima diavoleria multimediale elettronica di turno e non una persona in carne e ossa. 

Paragon: sempre uguali ma sempre temibili.
Mai voltagabbana, una certezza.
E di questi tempi non è poco…

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Tracklist:
1.Hellgore
2.Disconnected
3.Entombed
4.Screenslaves
5.Bloodfeast
6.The Blade In The Dark
7.Death Next Door
8.The Killing Hand
9.Waxworks
10.Larger Than Life (Backstreet Boys cover)
11.Legacy (Italian version)

 

Line-up:
Andreas Babuschkin – Vocals
Martin Christian – Guitars
Gunny Kruse – Guitars
Dirk Seifert – Bass
Chris Gripp – Drums

 

 

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