Recensione: Scripts of Anguish
Dagli Stati Uniti l’ennesimo act dedito al death metal, i Mutilated By Zombies, che si deve districare in una mota ampia e profonda le cui molecole sono le band dedite al metallo della morte. Un’operazione per niente semplice, come si può immaginare.
Il combo di Dubuque fissa le proprie coordinate stilistiche in un death metal tradizionale, con larghe venature di old school, senza comunque esagerare con i dettami atti a stabilire la fisionomia di quest’ultimo sottogenere.
Gli americani, difatti, vivono e hanno sempre vissuto nella fiera proposizione di un death metal marchiato a stelle e strisce, mai completamente affratellato alla scuola europea. Ciascuno per la propria strada, insomma, anche se, ovviamente, non possono mancare i punti di contatto.
Tant’è vero che i Mutilated By Zombies, molto bravi con i rispettivi strumenti, mediante il loro stile sfiorano anche elementi di technical death metal. Non troppo, però, per non inquinare la matrice di base elaborata calibrando con equilibrio un sound antico ma anche recente. Una miscela che risulta essere la peculiarità più evidente di “Scripts of Anguish”, loro terzo studio-album in carriera.
Il growling stentoreo Josh DeMuth pilota il disco, senza mai esagerare in ruggiti inintelligibili. Un growling… leggero che, nei limiti del possibile, segue la musica modulando l’intonazione. E che, spesso e volentieri, s’interseca con uno scellerato screaming, regalando al disco linee vocali praticamente a due voci.
Davvero impressionante, poi, il lavoro svolto dalla chitarra dello stesso DeMuth, evidente mastermind del terzetto dello Iowa. La quantità di riff messi giù è enorme, con una variazione sul tema che muta di secondo in secondo, donando alle song una variabilità intriseca di tutto rispetto. Riff peraltro dotati di un’accesa personalità, destinati irrimediabilmente a tratteggiare il disegno rappresentante il marchio di fabbrica dell’ensemble, giacché la sezione ritmica, pur precisa e priva di sbavature e indecisioni, non presenta particolari segni caratteristici; limitandosi costruire delle fondamenta stabili e massicce, buone per consentire alla sei corde di erigere il suo vasto muro di suono e per fungere da collante per i membri dell’ensemble stesso.
Detto del riffing, della preparazione tecnica dei musicisti, della loro coesione e della loro irreprensibile capacità esecutiva, non rimane che discutere delle song.
Song a essere onesti scolastiche e prevedibili, incollate a uno stile sì bene definito ma dal quale non riescono ad affrancarsi per esprimere, ciascuna, il proprio carattere, nonstante il gran lavoro all’ascia da guerra di DeMuth. Anche a intestardirsi nel far girare “Scripts of Anguish” più volte possibile, non emerge granché, dalla lista delle canzoni. Il tutto è troppo uniforme per indurre chi ascolta ad attivare un livello di attenzione sopra la media. Anzi, dopo nemmeno troppo tempo giunge, inesorabile, un po’ di noia per un insieme di brani difficilmente distinguibili gli uni dagli altri.
Quindi, alla fine, la bravura Mutilated By Zombies nell’elaborare uno stile sufficientemente personale, e la bontà del medesimo, salvano in estremis “Scripts of Anguish” dal limbo delle opere non meritevoli di una sufficienza.
Ma poco di più.
Daniele “dani66” D’Adamo