Recensione: Scurrilous
Terzo lavoro in studio per i canadesi Protest The Hero, i quali, dopo l’esordio intitolato Kezia (2005) e il successivo Fortress (2008), tornano sul mercato con questo Scurrilous per elargire dosi massicce di emicrania a tutti gli ascoltatori.
Se con le prime due uscite, però, l’ignaro ascoltatore che prendeva in mano il disco, cimentandosi nell’impegnativo ascolto, veniva travolto da un (apparentemente) informe fiume in piena di note, sovrastrutture, riff sovrapposti o che si elidevano uno dopo l’altro, ora, con il quintetto dell’Ontario che ha raggiunto una discreta fama planetaria, sa benissimo cosa aspettarsi.
Primo aspetto, quindi: manca il fattore sorpresa. A questo punto diventa paradossale riscoprirsi egualmente attoniti dopo la prima manciata di ascolti, consapevoli di non averci capito più o meno nulla.
Ecco, dunque, il secondo aspetto: la schizofrenia sonora dei Protest The Hero, parossismo musicale nel quale appare quasi impossibile riconoscere uno sviluppo sensato, continua a sorprendere anche se, come sopra ricordato, non dovrebbe più farlo.
Il gioco dei paradossi potrebbe continuare a lungo, partendo per esempio dal fatto che se, come detto, è un’impresa improba tentare di trovare un senso compiuto ai singoli brani, è altrettanto evidente, dopo una dose massiccia di ascolti, come essi siano assolutamente sensati. Il fatto è che in un tempo risicato (tutti i pezzi vanno dai tre minuti e mezzo scarsi ai cinque abbondanti) i canadesi riescono ad infilare e concatenare tra di loro idee e soluzioni (ritmiche ma anche melodiche) che ad altri sarebbero sufficienti per almeno un paio di dischi.
È difficile stabilire se esista un modo migliore di un altro per apprezzare quanto i Protest The Hero hanno da offrire: l’interesse sembra non calare mai sia che si tenti, tra difficoltà di ogni tipo, di fissarsi sui singoli brani, sforzandosi di catturarne le linee guida, sia che ci si lasci travolgere, inermi e senza “lottare”, dal treno in corsa rappresentato da questo Scurrilous.
Altrettanto complicato, peraltro, risulta segnalare qualche brano di spicco in mezzo a tanta ricchezza sonora, dal momento che la tensione rimane costante sin dalle note iniziali dell’opener C’est La Vie (scelta anche come primo singolo) e fino a quelle conclusive di Sex Tapes. Nel mezzo un oceano di riff, controtempi, muri sonori variopinti come pareti urbane zeppe di graffiti, aperture melodiche, incastrate chissà come in tessuti ritmici sempre allucinati e sempre inquietamente instabili, come nel caso delle ottime Trigger-Hair (con Jadea Kelly in qualità di ospite) e Moonlight.
I musicisti sono, con ogni evidenza, tecnicamente preparatissimi, ma tra riff e shredding a profusione delle due chitarre di Luke Hoskin e Tim Millar ed i folli incastri di Moe Carlson alla batteria, vanno sottolineate le prove magistrali di Arif Mirabdolbaghi al basso e, ancor di più, le evoluzioni vocali di Rody Walker, abilissimo a ricamare una prestazione incredibile su di un tessuto ritmico così instabile.
Tra gli episodi migliori vanno segnalate Dunsel, con un Walker indemoniato e una serie impressionante di cambi di ritmo, e la bellissima Termites, che si distingue per un’impostazione quasi speed metal, nonostante i ritmi sincopati della coppia Mirabdolbaghi / Carlson non smettano di mischiare le carte in tavola.
Certo, ci sono anche momenti meno interessanti, (ad esempio The Reign Of Unending Terror), ma si tratta di poca cosa in confronto alla qualità media di questo Scurrilous.
Metalcore? Progressive metal? Math? Di tutto un po’, con una quantità di ingredienti di contorno (come la produzione pressochè perfetta e la bella copertina) che rendono il piatto di Scurrilous un pasto nutriente e gratificante, ma non per chi ha gusti troppo grossolani e poca voglia di assaggiare accostamenti all’apparenza bizzarri.
I Protest The Hero non sono più la band outsider dei primi due dischi, ma hanno ormai raggiunto la qualifica di certezza assoluta. Sfrontati ed eccessivi, ma anche raffinati e musicalmente colti, i canadesi si impongono all’attenzione di pubblico e critica con il terzo centro su tre, riuscendo ad affinare una proposta che fin dagli esordi aveva dato prova di essere valida e difficilmente imitabile.
Consigliato a tutti, per capire che l’impossibile non esiste.
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Tracklist:
01. C’est La Vie 3:32
02. Hair-Trigger 4:49
03. Tandem 5:15
04. Moonlight 4:49
05. Tapestry 4:34
06. Dunsel 4:53
07. The Reign Of Unending Terror 3:24
08. Termites 3:57
09. Tongue-Splitter 4:34
10. Sex Tapes 4:39
Line-up:
Rody Walker: vocals
Luke Hoskin: guitars
Tim Millar: guitars, keyboards
Arif Mirabdolbaghi: bass
Moe Carlson: drums
Guest musicians:
Julius Butty: vocals
Chris Hannah: vocals
Porter Hoskin: vocals
Jadea Kelly: vocals