Recensione: Sea of Black

Di Alberto Biffi - 25 Maggio 2010 - 0:00
Sea of Black
Band: Mass
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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68

Tornano i bostoniani Mass, band che dopo aver pubblicato “Voices In The Night” è rimasta in “animazione sospesa” fino al come back ufficiale, avvenuto nel 2007 con l’uscita di “Crack of Dawn”.
Per la Escape Music e sotto l’orecchio esperto di Martin Kronlund, arriva ora “Sea Of Black”.

Ricordiamo che il gruppo, che si presenta con una formazione a 4 elementi (voce-chitarra-basso-batteria) non è certo una vecchia imbellettata e misconosciuta attrice, che torna nel mondo dello spettacolo per raccogliere gli ultimi consensi, ma bensì una realtà sincera, che testimonia il desiderio genuino di portare avanti la propria musica e le proprie idee.
Forti di un esperienza pluridecennale, i nostri ci propongono un metal che si colora di power, sfuma nell’AOR, diventa talvolta oscuro e monolitico per poi rassicurarci con dolci e solari melodie.

Tematiche e testi principalmente improntati su ideali cristiani, rendono i 4 “attempati” rocker ancor più simpatici, sia alle nostre orecchie che ai nostri occhi, ormai un po’ provati dai tanti rimandi all’Inferno e compagnia “sataneggiante”.
“Sea Of Black” non è una pietra miliare, non è un capolavoro, ne tanto meno “il disco che non vi deve mancare”, ma ha il gran pregio di trasudare da ogni solco (digitale) passione e sana voglia di suonare un genere che non morirà mai.

L’opener “Falling From Grace” mostra subito i muscoli. Un’esibizione di potenza e velocità in cui la voce di un ottimo Louis D’Augusta guida e trascina il brano fino ad un bel ritornello, supportato da ottimi cori. Un tappeto incessante di doppia cassa ci accompagna fino al finale, scontato e per questo paradossalmente rassicurante.
Davvero molto bella poi, la seconda canzone.
Nel brano “All The Years Gone”, possiamo apprezzare finalmente tutti i colori della voce di D’Augusta, che canta sorretto da una bella chitarra acustica, per poi esplodere in un refrain che sa di già sentito, ma che sinceramente non riusciamo a criticare. Infonde energia e positività.
 “The Right Side” si apre quindi con un acuto del singer (con una progressione vocale mutuata direttamente dal Tate più metallico), per poi sviluppare un bel mid-tempo su di una intelaiatura costituita da ottimi riff e armonizzazioni vocali che rimandano a Tim Aymar (Control Denied, Pharaoh). Sul finale fa capolino una tastiera a colorare la coda in fade out della traccia.

Tra rimandi agli Alter Bridge (“Through The Rain”) e un altro pezzo acustico come “Coming Home”, i Mass (a proposito del monicker, dicevamo della loro fede cristiana?) proseguono imperterriti nel presentarci la loro ricetta a base d’ottimi riff, buoni brani ed esecuzioni tecniche decisamente apprezzabili.
Qualche parola la merita sicuramente l’unico axeman della band: Gene D’Itria, una sorta di ibrido tra Zakk Wylde (dal quale ha derubato l’uso a volte eccessivo degli armonici artificiali nelle ritmiche distorte e la splendida Gibson Les Paul Bullseye) ed il personaggio principale dei Soprano’s. Il simpatico chitarrista/personal trainer/barista, si prodiga in mille e più modi per non rendere scontato il suo guitarwork, consapevole che, essendo l’unica ascia, saranno solo le sue (forti) spalle a dover sostenere oneri ed onori. Dimostrandosi tanto un buon riff-maker quanto un ottimo solista e soprattutto un sopraffino chitarrista acustico, Gene non delude, eludendo il rischio di lasciare troppi “buchi” nel suono della band e al contempo di non eccedere in sovraincisioni che renderebbero le parti di chitarra non eseguibili dal vivo. Un ottimo lavoro.

La voce di D’Augusta si dimostra maggiormente a suo agio su accordi aperti e in tonalità maggiore, dimostrando tutte quelle sfumature che si perdono in un cantato forzatamente highpitch.

Tutte queste considerazioni (e l’elevato numero di ballads) ci portano a pensare che in realtà è proprio quando i Mass tolgono il piede dall’acceleratore che la loro personalità emerge con più fiera decisione.

Un disco che soffre d’improvvise cadute, che non arrivano mai però ad affondare nel “mare nero” affogando la nostra voglia di proseguire nell’ascolto del cd. Un disco onesto, suonato da gente sincera per ascoltatori che dovranno fare necessariamente due cose: apprezzare quanto di buono i Mass ci propongono e soprattutto, rispettare un’altra piccola parte della storia di un grande genere musicale.

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Tracklist:

01. Falling From Grace
02. All The Years Gone
03. The Right Side
04. Coming Home
05. Through The Rain
06. All That I Needed
07. More Than A Friend
08. Justify
09. Ashes To Ashes
10. Captain Jack (Instrumental)
11. Sea Of Black

Line Up:

Louis D’Augusta – Voce
Gene D’Itria – Chitarre / Cori
Michael Palumbo – Basso / Cori
Joey “Vee” Vadala – Batteria

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