Recensione: Season Of Withering
Sì, in effetti può apparire una forzatura inserire i Dead End Finland nel filone death. Quel che propongono, a esser precisi, è infatti il cosiddetto ‘modern melodeath’ o, più semplicemente, ‘modern metal’. Alla maniera di Parasite Inc., Rise The Fall, Nodrama e The Stranded, insomma.
La derivazione dal ‘gothenburg metal’, tuttavia, è inequivocabile. Soprattutto per ciò che concerne lo stile vocale, innegabilmente centrato sul growling che, bene o male, identifica da sempre il metallo della morte. E, a ben sentire, Mikko Virtanen è un vocalist che se la cava senz’altro benissimo con le clean ma che, per timbrare a fuoco le song di “Season Of Withering”, non si fa certo pregare nel ruggire con foga, passione e aggressività.
“Season Of Withering” che è il secondo album della band finlandese, dopo il debutto avvenuto nel 2011 con “Stain Of Disgrace”. Una carriera iniziata nel 2008 ma che, nonostante la verde età, mette sugli scudi un ensemble affiatato. In grado, soprattutto, di produrre metal ad alti livelli. La professionalità dei musicisti scandinavi è ormai leggenda, e i Nostri rispettano senza la benché minima indecisione tale onorevole peculiarità. Lo dimostra un sound praticamente perfetto, arrotato in ogni sua sfaccettatura; limpido e brillante nonché pieno e possente. Gratificante. Equilibrato in ciascuna componente. In particolare, appare assolutamente azzeccato il connubio chitarra/tastiere, capace di assaltare i timpani con la veemenza di riff a volte cattivi, di deliziare l’anima con la morbida, etera pomposità dei sintetizzatori.
Un binomio vincente che trova il suggello nelle eccellenti linee vocali di Virtanen e nei cori a supporto dei chorus. E, attenzione, di chorus i Dead End Finland non ne sbagliano nemmeno uno, centrando costantemente l’obiettivo di riuscire a essere accattivanti senza mai lambire l’ampollosità. Anzi, sono proprio le canzoni a essere il vero valore aggiunto di “Season Of Withering”. Una per l’altra riescono a far battere il tallone per la loro dinamicità e ritmo, a far dondolare la testa per la ‘bellezza’ delle loro armonie. Già al primo passaggio si fa strada l’inequivocabile sensazione di piacere che prova la mente nell’ascoltare un qualcosa di ‘accordato’, di ‘giusto’. Qualcosa che, a mano a mano che i passaggi stessi si susseguono, si ficca inesorabilmente nel cranio per non uscirne più.
Come i clamorosi ritornelli dell’opener/title-track “Season Of Withering” (fantastica anche la strofa, in questo caso…) e della successiva “An Unfair Order”, destinati a tormentare a lungo tempo i pensieri di chi ha avuto la fortuna di incocciarvi. Anche se l’hit sembra essere “Zero Hour”, giacché il suo refrain fa presto, a diventare un delizioso ‘tormentone’. Il combo di Helsinki, però, sa fare anche male come in occasione di “Silent Passage”, furibondo assalto all’arma bianca che, manco a dirlo, frappone la brutalità di Virtanen e Miska Rajasuo (batteria) al ‘solito’ ritornello da brivido caldo sulla pelle. Oppure, far volare con la potenza delle orchestrazioni come in “Dreamlike Silence”.
Insomma, in “Season Of Withering” c’è davvero di che saziarsi. La qualità dei brani è talmente elevata che non fa rimpiangere uno stile moderno e attuale ma non originalissimo. Un esempio di come il talento compositivo, usato al meglio per scrivere i singoli pezzi centrando l’attenzione sulla loro musicalità e orecchiabilità, superi abbondantemente ogni altro parametro di valutazione oggettiva. Compresi quelli relativi a spunti innovativi oppure complicati tecnicismi che, spesso e volentieri, soffocano l’estro e la creatività.
Non è questo il caso dei Dead End Finland, bravi anzi bravissimi a creare dal nulla dieci tasselli di un mosaico organico, finito e completo. Senza stravolgere il naturale ordine delle cose.
Daniele “dani66” D’Adamo
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