Recensione: Second Chapter
Che fine abbiano fatto i Falkenbach è difficile da capire. È dal 2013 che la band tedesca non fa nulla. Per tutti noi orfanelli ad ogni modo, giungono in nostro soccorso i Bloodshell Walhalla, che con “Second Chapter” toccano il ragguardevole traguardo di cinque full-length (più una raccolta) in 11 anni.
E quel che è interessante è anche scoprire da dove i Bloodshell Walhalla giungano. Il progetto, a conti fatti, è una one man band con base in Italia, più precisamente l’assolato sud, nel dettaglio la sassomunita Matera.
Strano ma è proprio così. Questa band e questa musica che gronda mitologia nordica ed epicità vichinga proviene dal nostro meridione. E, diciamolo subito, non ha paura a misurarsi con i maestri del settore.
Se Falkenbach è il primo nome che imperterrito balza alla mente durante l’ascolto, “Second Chapter” può essere visto come un compendio di quanto di meglio il viking ci abbia offerto negli ultimi venti/trent’anni, dai Moonsorrow ai Bathory – con Quorthon che nelle stesse parole del titolare del progetto è il faro immoto che guida l’arte dei Bloodshed Walhalla.
Ne viene fuori un disco estenuante, ricco di melodia, di cori a mille voci, ma anche di brutali accelerazioni. In realtà non vi è molto da dire per descrivere “Second Chapter” che non sia stato detto già nella nostra recensione precedente. In linea di massima è sufficiente avere in testa l’indimenticato “Ok nefna tysvar ty” e fare tutto più in grande da un lato e con una dose di violenza leggermente maggiore dall’altro. Sostanzialmente, dunque un disco assai derivativo, che pur non sfigura ed anzi, è un piacere ascoltare.
Più di questo, probabilmente, il vero limite del platter può essere la lunghezza, tanto complessiva che degli episodi. Perché occupare 77 minuti con sole 4 tracce, oltre ad essere un’impresa ardua, è una cosa che scoraggia i più. Di fatto però tale prosopopeico minutaggio non è affatto d’intralcio all’ascolto, giacche tutto “Second chapter” vive di ottime melodie ma anche di ipnotica ripetitività stile Burzum, anche se non così esasperata.
Bloodshed Walhalla, dunque, mette in campo un ottimo lavoro in campo viking, godibile e raffinato. Sicuramente da consigliare a tutti gli amanti del genere.
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