Recensione: Second Hand Life
Forte del clamoroso successo ottenuto con l’eccellente Sunstorm, Mr. Joe Lynn Turner abbandona l’esilio mistico e torna alla ribalta col decimo solista, successore di The Usual Suspects, disco che precede di due anni l’attuale Second Hand Life.
L’artista originario del New Jersey apporta una lieve modifica al suo proverbiale Hard Rock e ci consegna un articolo più leggero del solito, il delicato risultato di un incrocio con l’Adult Oriented Rock riscoperto da poco meno di un anno grazie all’ispirato Dennis Ward e assistito dal supporto appassionato di Serafino Perugino, mattatore della scena AOR internazionale con la sua Frontiers modello “grandi firme”.
La metafora del vino che invecchiando migliora sembra adattarsi al Joe Lynn Turner cantante che, dopo trent’anni esatti e la firma apposta su un numero imprecisato di LP, continua a regalare emozioni con quella voce arrochita dal solco delle opere e dei giorni, magica, fatata, tecnica ma non troppo e riconoscibile tra un milione di improbabili cloni: “l’insostenibile leggerezza del rock” la chiamano.
Second Hand Life non è una collezione apocrifa di standard Rock e Aor, Second Hand Life è il sentimento di un artista trasferito in musica, un nuovo tassello del lungo ciclo della discografia “Turneriana” che, nonostante l’apparente immediatezza, conserva la capacità di sorprendere con ulteriori dettagli ad ogni ascolto successivo.
I dieci movimenti del nuovo corso di Joe Lynn Turner, cui si aggiunge l’undicesimo brano esclusivo per l’Europa, Two Lights, alternano l’energia di Slam e di The Usual Suspects all’intimismo di Sunstorm e garantiscono proficui slanci riconducibili agli indimenticabili Rainbow e Deep Purple: Turner è abituato a costruire il futuro sulla base di un passato leggendario, evita di compiacersi e non intende smettere di imparare.
L’album? Maturo, elegante, armonioso, energico e sentimentale. In una parola: intenso.
La chitarra (Karl Cochran) e gli schemi di stampo classico forniscono le linee guida di un disco che, sebbene lineare e di strutture semi-semplici, sfugge continuamente alla prevedibilità.
Prendete un brano qualunque: Love Is Life, fresco e creativo. Gira attorno allo scheletro di un tortuoso riff di chitarra elettrica adagiato sulla appassionante voce di Turner, il tutto riscaldato da una produzione soffice e avvolgente. Ora affiancategli Stroke Of Midnight (scritta insieme a Roger Glover e a Ritchie Blackmore), Blood Red Sky (palese tributo a quella Gates Of Babylon che non invecchia mai) e Second Hand Life, la title track: benvenuti, anzi, bentornati nei meravigliosi anni ottanta.
Tutto concorre alla creazione di un mood composto da tante sensazioni; Bob Held, Jim Peterik e Martin Briley sono gli illustri “aiutanti songwriters”, Turner il direttore di un’orchestra rodata dalla sua esperienza, come accennato poco fa, trentennale.
Un punto debole c’è. Seppur di piacevole ascolto, i brani più lenti e soffusi smorzano i toni e i ritmi di un lavoro che frena e accelera senza preavviso, mancando, a volte, di un pizzico di senso nella misura. Tutto qui. Ma state tranquilli, Over The Top e Sweet Obsession sapranno porre rimedio.
Finchè ci sarà ancora qualcuno in grado di cantare col sentimento agro-dolce manifestato dall’italo-americano, possiamo stare certi che il rock, quello vero, avrà un futuro. Un disco intelligente come quello di Joe Lynn Turner (intervista) non rischia di perdersi nel remoto angolo di qualche scaffale, l’esperienza e i sacrifici di una vita hanno condotto la rock star a superare ogni ostacolo incontrato e a vincere le battaglie contro chi non ha creduto in lui. Continua così Joe.
Gaetano Loffredo
Tracklist:
1.Love Is Life
2.Got Me Where You Want Me
3.Second Hand Life
4.In Your Eyes
5.Blood Red Sky
6.Stroke Of Midnight
7.Over The Top
8.Cruel
9.Sweet Obsession
10.Love Is On Our Side
11.Two Lights (European Exclusive Bonus Track)