Recensione: Secret Society

Di Stefano Burini - 9 Gennaio 2007 - 0:00
Secret Society
Band: Europe
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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80

Secret Society è il secondo disco partorito dalla mente degli Europe in seguito alla reunion del 2004; se all’epoca di “Start From The Dark” il nuovo sound adottato e il taglio moderno delle composizioni avevano lasciato interdetti più o meno tutti, le coordinate stilistiche di quest’album non possono più destare sorpresa: la direzione intrapresa dagli svedesi è ormai consolidata, e si riflette in una miscela di riff schiacciasassi scaricati sulle nostre orecchie dalla Gibson di un John Norum più ispirato e instancabile che mai, unitamente a melodie oscure ma dannatamente riuscite, che vanno spesso a ripescare il feeling di album come “Wings Of Tomorrow” e pure “Prisoners in Paradise”.

Dopo questo preambolo è d’obbligo analizzare i singoli pezzi, “Secret Society” presenta una tracklist omogenea per qualità (al contrario di SFTD che soffriva, a mio avviso, di una seconda metà di album qualitativamente un po’ calante, fatta eccezione per due piccole gemme come “America” e “Settle For Love”). Si apre dunque subito con la title-track, uno dei pezzi che risulteranno più ostici ai fan di vecchia data, ma che con ripetuti ascolti risulterà essere, con buona probabilità, uno dei più apprezzati per la sua originalità e per la melodia indovinata seppur inusuale; da notare pure l’ottimo assolo di Michaeli, che ritorna in primo piano dopo la prestazione in ombra su SFTD, anche se non bisogna aspettarsi i synth pomposi di “The Final Countdown”; “Always The Pretenders” è il primo (e per ora unico) singolo lanciato dalla Sanctuary per promuovere l’album, un ottimo pezzo in cui si sente maggiormente il legame con il passato, provvisto di un bel ritornello e di una bella interpretazione vocale, mentre con “The Getaway Plan” giungiamo al primo vero high-light del disco: un pezzo con un riff fantastico e una melodia ultra catchy, con un Norum davvero indiavolato a mettere in mostra tutte le proprie qualità chitarristiche.
“Wish I Could Believe” è la prima semi-ballad del disco, un pezzo riuscito, ma un gradino sotto ai precendenti. “Let The Children Play” è un mid tempo esplosivo, con un altro grande riff e con un Joey Tempest davvero sopra le righe, che interpreta a dovere le strofe e il ritornello lasciando spazio nel finale anche a un coro di voci bianche che ricorda molto quello di “Another Brick In the Wall” dei Pink Floyd. “Human After All” e “Love Is Not The Enemy” sono altri due pezzi granitici e trascinanti in cui spadroneggia la sezione ritmica potente e precisa di Lèven e Haugland, oltre al solito riffing demolitore, e sono le tracce che tradiscono maggiormente la discendenza diretta dal precendente album, con ancor maggiore incisività. “A Mother’s son” è una ballad sofferta, con un Tempest inedito in veste maliconica e dimessa, ma fautore di buone linee vocali. Tuttavia il pezzo risulta un po’ messo in ombra da quanto l’ha preceduto e da quanto lo segue: un altro dei punti più alti, la sognante “Forever Travelling”, che apre un filo diretto con un pezzo come “The Seventh Sign” da PIP, una grandissima canzone con una melodia che farà sognare a occhi aperti i vecchi fan, riportandoli indietro di una quindicina d’anni.

“Brave And Beautiful Son” è, per me, il pezzo più anonimo del disco, presenta qualche influenza dell’ultimo corso degli U2, ma risulta un po’ troppo morbida e scontata per farsi valere in mezzo a tanto ben di Dio; per fortuna il disco ci riserva il classico finale col botto, l’ultimo capolavoro di questo disco, “Devil Sings The Blues”, un brano dagli echi settantiani, cupo e misterioso che giostra alla perfezione momenti acustici e sfuriate elettriche, con Norum davvero in stato di grazia e un’interpretazione vocale maiuscola di Joey Tempest, degna conclusione di un disco di altissimo livello, che restituisce una band storica e sottovalutata dai più ad uno splendore che forse nessuno riteneva più possibile.

Tracklist:

1) Secret Society
2) Always the Pretenders
3) Getaway Plan
4) Wish I Could Believe
5) Let the Children Play
6) Human After All
7) Love is Not the Enemy
8) Mother’s Son
9) Forever Travelling
10) Brave and Beautiful Soul
11) Devil Sings the Blues

Line Up:

Joey Tempest – Vocals
John Norum – Guitars
Mic Michaeli – Keyboards
John Lèven – Bass
Ian Haugland – Drums

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