Recensione: Secrets In A Weird World
Sebbene la formazione ufficiale dei Rage risalga a ben 5 anni prima, con il monicker “Avenger”, è nel 1989, anno di pubblicazione di questo “Secrets In A Weird World”, che si registra la vera svolta verso il sound che caratterizzerà le future uscite della band.
Quello che in parte era stato fatto col precedente lavoro: “Perfect Man”, viene ancor di più accentuato in quest’ ultimo disco.
Quando parliamo dei Rage infatti, abbiamo bene in mente quello che la band ha saputo proporre, durante la sua storia, e come riferimenti principi, per definire la loro ascesa nel mondo del metallo, molte volte menzioniamo, a mio avviso erroneamente, i dischi nel biennio 95/96 che è stato, indubbiamente, il periodo più felice e prolifico della carriera della band, ma sicuramente ciò da cui tutto ebbe a principiare è, appunto, questo “Secrets In A Weird World”, molte volte sottovalutato, ma che effettivamente ha rappresentato un tasselo fondamentale, fra i lavori pubblicati da questa band.
Parallelamente alla seconda parte del “Keeper Of The Seven Keys”, rilasciata dai connazionali Helloween alcuni mesi prima, questa release di Wagner e company va da subito apprezzata per la grande ispirazione e la altrettanto importante quantità di idee che mise nel realizzare il tutto.
Queste idee vennero probabilmente a crearsi in virtù di un affiatamento raggiunto grazie soprattutto a un drastico cambiamento di formazione, avvenuto su per giù un anno prima, che vide l’allontanamento degli storici membri Jochen Shröder, Jörg Michael e Rudi Graf, a favore del giovane Chris Efthimiadis alla batteria e del chitarrista Manni Schmidt, con Peavey Wagner ad occuparsi sia del basso, che della voce.
Dopo aver aperto questa breve, ma significativa e importante parentesi, torniamo subito a quello di cui stavamo parlando prima: le idee. Dicevamo: quanto di buono, in fatto di innovazione e creatività, si vide col precedente “Perfect Man”, in questo “Secrets In A Weird World” viene confermato e ancor di più estremizzato.
La batteria acquista velocità ed una giusta dose di cattiveria, la voce di Peavey diventa decisamente più senile e profonda, aggiungendo una maggior quantità di note basse che la rendono molto carismatica e trasportatrice, infine la chitarra esce dal guscio in cui si era molte volte rintanata e si concede riffs molto più decisi. Queste le caratteristiche principali che fanno di “Secrets In A Weird World”, il disco innovatore del Rage-sound.
Dopo una brevissima intro al pianoforte, il disco dà mostra di sé in tutta la sua dirompente potenza, lanciandoci a tutta birra all’ interno del primo pezzo del platter: “Time Waits For Noome”. Il titolo non potrebbe recitare niente di più vero, infatti sembra quasi che il tempo non aspetti nessuno, mentre ci si lascia trasportare dalla metallica e grezza energia trasmessa da questo brano, e che trascorra più velocemente rispetto agli altri pezzi, probabilmente in virtù della grande rapidità che riesce a sprigionare ed alla carica che trasmettere all’ascoltatore. Da segnalare specialmente il bellissimo riff d’accompagnamento dell’ ottimo Manni Schmidt, che cadenza alla perfezione le note facendo da supporto in maniera impeccabile alla poderosa e ispiratissima voce di Peter.
Stesso discorso si può fare per il brano seguente “Make My Day”, un vero concentrato di carisma allo stato puro, che mettono in mostra i tre della formazione teutonica, specie Efthimiadis, che interpreta alla perfezione il suo ruolo, concedendosi e concedendoci una pregevolissima doppia cassa, sempre puntuale e mai noiosa.
Il tema ricorrente di questo disco si ritrova anche nei due pezzi successivi, “The Inner Search” e “Invisibile Horizon”, che sono si legati in maniera indissolubile ai precedenti brani, ma onestamente oltre ad una grande quantità di energia e carisma, non trasmettono decisamente niente di nuovo all’ ascoltatore, specie la prima, che con un refrain piuttosto banale, ci lascia a metà fra il soddisfatto e l’inquieto, poiché ovviamente l’idea di fondo, come in tutto il disco, è buona, ma la traduzione in fatti, in questo caso, è quantomeno da rivedere. Troppo impastata e caotica la seconda, non dà reali spunti di apprezzamento all’ accorto metaller che la stia ascoltando, se non fosse per la ancora eccellente prova dei musicisti che vi sono impegnati.
Una poderosa sterzata verso un netto miglioramento si ha con il brano numero sei della tracklist: “She”. Il pezzo esordisce con un ottimo backgrounding di Peavey al basso, che introduce alla perfezione l’ingresso di Chris Efthimiadis, che fa da la rampa di lancio verso il meraviglioso riff di Manni Schmidt. La voce di Peavey e la grande inventiva e capacità d’improvvisazione dei tedeschi faranno il resto, costruendo un pezzo molto completo e divertente, accattivante dal primissimo ascolto. Con un refrain molto easy listening, che entra nelle menti degli ascoltatori fin da subito, gli oltre cinque minuti in compagnia di questo pezzo sono i più saggiamente spesi di tutto il disco, senza ombra di dubbio.
Altre 2 song che scandiscono a chiare note l’ “intenzione di far male” dei Rage, sono la successiva, “Light Into The Darkness” e “Talk to Grandpa”.
La prima è un vero e proprio concentrato di velocità e tecnica: trasportati dalle note dell’ azzeccatissimo ritornello di questo brano, interpretato alla grande da tutti i membri della band, veniamo catapultati veementemente nel seguente, il succitato “Talk to Granpa”.
Si apre con una vera e propria cavalcata, questo godibilissimo pezzo, che fra le altre cose, rimarca una grande performance di Peavey al basso, che si dimostra sempre e comunque all’ altezza della situazione, districandosi anche fra le parti più spinose, con molta classe ed eleganza.
Spetta a “Without a Trace” porre fine alle danze, il brano più longevo e complesso del disco.
Esordisce infatti in sordina, esplodendo però in tutta la sua efficace ritmica, dopo aver oltrepassato i due minuti di ascolto, acquistando decisamente rapidità e potenza, che tenderanno a scemare verso la metà del brano che, procedendo in mid tempo, metterà in mostra le grandi doti canore di Peavey, che faranno riacquisire tutto d’ un tratto, gli consentiranno di riprovorsi in pompa magna con grande potenza e decisione, qualità queste, che faranno da modus operandi fino alla conclusione della song.
Ovviamente non stiamo parlando di un capolavoro, ma si può con facilità affermare che, questo “Secrets In A Weird World”, oltre che a gettare le basi per i successivi fasti della band, sia un disco dalle qualità eccezionali, e che avrebbe sicuramente potuto dare di più, se Peavey ed i suoi fossero riusciti ad ovviare od ad eliminare alcuni erroracci e diverse banalità che questo disco porta in dote.
Tuttavia, non vorrei correre il rischio di essere ingeneroso verso lavoro che, tutto sommato, ha l’ago della bilancia decisamente orientato verso le qualità positive, che non verso quelle negative, consentendomi quindi di dichiarare con estrema facilità che, se siete come me appassionati di questa gloriosa band, non potrete proprio prescindere dall’ averlo.
Daniele “The Dark Alcatraz” Cecchini
TRACKLIST
1. Intro ( Serge Profokiev )
2. Time Waits For Noone
3. Make my day
4. The Inner Search
5. Invisible Horizons
6. She
7. Light into the darkness
8. Talk to grandpa
9. Distant voices
10. Without a trace