Recensione: Sedition, Sorcery And Blasphemy

Di Daniele D'Adamo - 2 Novembre 2014 - 0:11
Sedition, Sorcery And Blasphemy
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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Una band nata solo sei anni fa, che contrasta la sua giovane età con una sterminata passione per il death metal datato ‘fine anni 80 / inizio anni 90’.

Questi, in estrema sintesi, sono i cileni Thy Serpent’s Cult, che con il neonato “Sedition, Sorcery And Blasphemy” danno un seguito a “Infernal Wings Of Damnation”, debut-album del 2011.

Una miscela di vecchi (nel senso di ‘old’…) Morbid Angel, Deicide e Cannibal Corpse, per tratteggiare un death metal assolutamente classico, basato su ferocia, rapidità di esecuzione e anticristianità. Epperò, punto debole forse principale del binomio ‘Thy Serpent’s Cult / “Sedition, Sorcery And Blasphemy”’, poco incline a manifestazioni di schietta originalità. Il che è l’eterno dilemma dei prodotti della vecchia scuola, intrappolati fra la necessità di rispettare canoni stilistici inchiodati nel tempo e la voglia di farsi comunque notare per quel qualcosa in più che gli altri non hanno.

Non è dato di sapere se Hatred e compagni non dormano la notte per risolvere l’annosa questione, ma di certo non ne fanno una questione di vita o di morte. “Sedition, Sorcery And Blasphemy”, difatti, appare come una sorta di vitaminizzazione di “Altar Of Madness” (Morbid Angel, 1989) o di qualche altro must dell’epoca, ripassato per i circuiti delle moderne tecnologie del suono. Lo stesso Hatred, per chiarire una circostanza non casuale, appare un clone di David Vincent, con quel suo growling stentoreo e rabbioso. Anche Fernando Belmar e JC non si azzardano a uscire dai confini vintage, cucendo una marea di riff che – seppur eseguiti in maniera tecnicamente perfetta – odorano di ‘già sentito’ lontano un miglio. Appare invece più consistente la sezione ritmica, soprattutto nel drumming articolato e completo di Strife. Occorre rimarcalo, davvero devastante.

Come, peraltro, non si può dire non lo sia il sound complessivo della formazione di Santiago. Massiccio, coriaceo, disarmonico e possente sì da mettere a dura prova la resistenza psicofisica del più incallito consumatore di metal estremo. La totale assenza di melodia, la mancanza di break alleggerenti, la monotonia delle linee vocali e una spiccata tendenza all’uniformità compositiva rendono “Sedition, Sorcery And Blasphemy” un osso duro da rodere per chiunque ma, anche, un ponte per la noia.  

E, tornando al discorso di partenza, non tanto per la somiglianza alle leggende del death più su citate, quanto per una povertà endemica a livello di scrittura. Una scrittura che non riesce a dare alle canzoni lo spunto necessario per farle emergere da quel grigiore che tutti i musicisti vorrebbero evitare, e che non si dipana nemmeno a forzare gli ascolti alla ricerca di qualcosa che spieghi quale sia la differenza fra, per esempio, “Legion Of The Ghouls” e “The Coven Of Horrors”.

Il quintetto sudamericano, in certi frangenti (“Put The Doom Inside”) dimostra di saperci fare e pure bene, con i suoi strumenti; lambendo – soprattutto grazie alla bravura di Strife – le sfere del technical death metal. Altro di buono, tuttavia, non pare esserci, in “Sedition, Sorcery And Blasphemy”. Prigioniero di se stesso e dell’incrollabile fede dei Thy Serpent’s Cult nel culto che non è quello del Serpente ma delle leggendarie formazioni che hanno originato e dato impulso al death metal. Badando così a ripercorrerne pedissequamente la storia prima ancora che a cercare una propria autonoma e matura personalità.

Difetto imperdonabile, questo.

Daniele “dani66” D’Adamo

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