Recensione: Selenelion
Dal nulla più profondo sbuca il debutto dei Vaura, combo avant/prog di New York, che presenta all’interno della line-up due personalità conosciute nel panorama della musica sperimentale, ovvero Toby Driver, già attivo con act avantgarde storici quali i Kayo Dot e i Maudlin of the Well, al basso e Kevin Hufnagel, già in forza ai progster strumentali Dysrhythmia e ai riformati Gorguts, alla chitarra. Alla chitarra voce troviamo Josh Strawn attivo e alla batteria Charlie Schmid, entrambi attivi con gli sconosciuti Religious to Damn.
Fatte le dovute presentazioni, passiamo alla descrizione di questo interessantissimo debut, intitolato “Selenelion”: bene, i nostri riescono a fondere trame progressive, memori del background musicale di Hufnagel e Driver, e le condiscono con parti black e post rock. L’atmosfera che permea il disco è onirica e malinconica, come ben esemplificato dai colori della copertina e dal video di “Drachma”. La canzone in questione, uno dei migliori brani del lotto, riassume perfettamente il sound che propongono i quattro: riff sbilenchi e psichedelici, basso penetrante (sentite come entra ad inizio canzone) e la meravigliosa voce di Strawn a intensificare il tutto.
Ovviamente non è finita qui, questo è solo l’inizio; il disco presenta altri brani notevoli, come l’opener “Souvenirs” dotata di un chorus e un crescendo magnifico: anche in questa traccia possiamo notare il timbro particolare del cantante e il grandissimo lavoro alla chitarra di Hufnagel, ora sognante, ora psichedelico e noise; un riffmaker di grandissimo spessore.
In “The Emanation” emerge invece la parte black dell’ensemble sia nella parte iniziale che nel chorus, con Schmid sugli scudi. Questo brano mette in mostra tutta l’eclettismo del combo, in grado di passare da parti black, chorus con blast beat e clean e una parte centrale dai toni onirici e progressive. Il tutto perfettamente legato a dovere.
“Relics” ha invece un andamento lento ed elegante, quasi fosse un intermezzo atmosferico. Dopo 5 brani, si comprende come sia varia la proposta dei nostri, nonostante il mood malinconico pervada tutte le canzoni presenti nel full.
Con “Obsidian Damascene Sun” la formazione torna a pestare forte, mostrando tutte le peculiarità del loro sound: la track è dotata di una parte centrale da brividi con tanto di chitarra dissonante e basso che si intrecciano, dando vita ad un crescendo passionale e ipnotico che difficilmente vi lascerà indifferenti.
Gli ultimi 4 episodi (3 canzoni più un interludio) mostrano il lato più riflessivo e malinconico del combo, dove le parti prog e post rock emergono prepotentemente.
Si parte dalle note finali dell’inquietante “The Column’s Vein”, che ci portano al tema del brano successivo, “The Want”, song dotata di un chorus dal sapore agrodolce, in grado di trainare da solo l’intero brano. La title-track è un brano acustico di 7 minuti, dove gli unici protagonisti sono la sei corde e la voce; anche questo pezzo riesce a sorprendere per la grandissima intensità che sprigiona. Una nota di merito va sicuramente attribuita a Josh Strawn, autore di una pregevole prova in clean e nelle sporadiche fasi in scream. Chiude il disco “The Zahir”, titolo che pare quasi gemello del precedente: acustica e voce aprono la track, che si sviluppa in un’ascensione post rock, che chiude perfettamente questo incredibile debut.
Non lasciatevi scoraggiare dal primo ascolto e lasciate crescere questo disco dentro di voi, vedrete che verrete ampiamente ripagati delle emozioni che susciterà dentro di voi. I Vaura per ora confezionano dunque un album interessante e appagante sotto ogni punto di vista, che sottolinea -ancora una volta- la genialità delle menti coinvolte.
Tracklist:
1. Souvenirs 04:43
2. Drachma 04:22
3. The Emanation 04:48
4. En/Soph 05:11
5. Relics 04:48
6. Obsidian Damascene Sun 04:46
7. Uncreated Light (Transfiguration) 04:33
8. The Column’s Vein 02:29
9. Vanth 05:29
10. Selenelion 07:02
11. The Zahir 07:41
Discutine sul forum nel topic dedicato!