Recensione: Self-annihilating Consciousnes
La I, Voidhanger è una casa discografica che va seguita. Poche storie. La label si sta distinguendo negli ultimi anni grazie a ottime scelte e a un gusto raffinato in materia di quello che possiamo definire black metal atipico. Per di più si tratta una casa discografica italiana! Quindi il consiglio, per tutti i blackster, è quello di tenere d’occhio abbastanza regolarmente le uscite dell’etichetta, perché ogni tanto ci scappa la perla, o comunque qualche proposta interessante.
Quella in esame oggi, ovvero “Self-annihilating Consciousnes”, il debut degli Eigenlicht (vera luce), rientra senza dubbio nella seconda categoria. Trattandosi di un debut, comunque, si rendono necessarie delle presentazioni: gli Eigenlicht gruppo fatto e finito e non di one-man-project, come ormai sempre più spesso accade nella galassia del black. E trattasi, a dispetto del nome teutonico, di un quartetto statunitense. Poco altro sappiamo. Non abbiamo neppure una foto – e potrebbe essere un peccato, dato che due quarti della formazione sono gentili donzelle.
Venendo al disco, abbiamo tra le mani quattro tracce più intro, per un totale di 52 minuti di musica. E già scatta la considerazione “o è atmoblack, o prepariamoci a qualcosa di ostico”.
Senza girarci troppo attorno (e non curandoci troppo di un titolo che per il blec è di un’originalità rara), siamo di fronte, anche qui, al secondo caso. Un black metal con alcune influenze mutuate dal prog più oscuro e da certo folk, tipo il flautino che accompagna l’intro ‘There Lies Already the Shadow of Annihilation’. Un miscuglio che dà i suoi migliori frutti nella prima vera traccia del disco, ‘Hagia Sofia’ (basilica di Santa Sofia a Istanbul, per chi non lo sapesse): quasi un quarto d’ora di black estenuante, contaminato e caratterizzato da atmosfere sinistre. La traccia è permeata di tastiere oscure. Il nome che viene in mente, senza timore di dire uno sproposito, è quello dei Negura Bunget, non fosse per il growl screamato, sul quale torneremo in seguito.
Va detto che l’accostamento ai Negura Bunget (specialmente quelli di “Om”) vale solo per l’intro e la traccia di cui sopra, sebbene il resto del disco prosegua su binari simili.va anche detto, però, che il resto del disco, non riesce a convincere appieno. Di fatto, la sensazione è che nel calderone ci sia un po’ troppa roba, o che i quattro non siano riusciti a dare la migliore delle forme alle loro idee. Di fatto, l’ascoltatore si perde nella prolissità dei suoni e nella lunghezza effettivamente eccessiva delle composizioni, che fanno molta difficoltà a rimanere in mente anche dopo ripetuti ascolti. Oltre a questo, ma è una considerazione personale, il growl screamato non si inserisce molto bene nella complessità sonora offerta dagli Eigentlich. Così, pur essendo sostanzialmente l’unica cosa canonicamente black reperibile in questo disco, finisce per appesantire ulteriormente la proposta.
Ad ogni modo “Self-annihilating Consciousnes” è un disco che fa ben sperare. Gli Eigentlich hanno ottime capacità tecniche, molte idee e pure parecchia personalità. La speranza è che, negli anni, riescano a trovare un ordine per queste idee e magari snelliscano un po’ le canzoni, che altrimenti rischiano di diventare non ripetitive ma monotone. Risolto questo problema potremmo trovarci davanti a qualcosa di davvero epico.