Recensione: Self Therapy

Di Emanuele Calderone - 6 Maggio 2011 - 0:00
Self Therapy
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Anno: 2011
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59

Deep Emotional Black Metal, questa la dicitura che compare su “Self Therapy” opera prima, almeno sulla lunga distanza, della one-man band tedesca Beyond Helvete.
Il progetto nasce nel non troppo distante 2007 dalla mente del giovane Natrgaard, musicista di Freudental, già attivo negli Smashed Ruins, nei Nachtfrost e negli Zwenz.

Accostatomi a “Self Therapy” con una certa curiosità, dovuta, lo ammetto, più che altro alla  desueta dicitura di Deep Emotional Black Metal, quello che mi sono ritrovato tra le mani altro non è che un semplicissimo disco black metal dai tratti depressive, con accenti doom, leggermente influenzato dal thrash, poco propenso alla novità e all’originalità.
La recensione si potrebbe chiudere anche così poiché, fondamentalmente, questo album si accoda a tutta una serie di lavori che, pur nella loro gradevolezza, poco o nulla aggiungono a una scena già ampiamente esplorata.
Semplice nelle strutture, volutamente ripetitiva, ossessiva e dotata di sonorità tragiche, quest’opera ripropone in maniera fedele e fiera tutti i cliché tipici del depressive, senza la benché minima paura di suonare stantia o poco interessante e onestamente quasi riesce nella sua impresa: dire infatti che questo full-length non sia, a modo suo, ascoltabile e decente, sarebbe del tutto ingiusto. Eppure allo stesso modo, scorrendo la tracklist, l’unico momento di grande spessore lo si ritrova in “A Nameless Desire”, lontana anni luce non solo dal black, ma dal metal in generale. Il pezzo in questione si muove infatti su territori assai più tranquilli e rilassati, spezzando totalmente quel senso di soffocamento che si prova con le restanti canzoni, grazie alle sue interessanti sonorità post-rock.

Il resto degli episodi fa invece una fatica immane a imprimersi nella mente, proprio a causa di quella inarrestabile voglia di restare il più fedele possibile alla scena. Ciò nonostante, si possono apprezzare dei passaggi di buona fattura nella conclusiva “The More I Know”, specialmente nei frangenti più melodici e rallentati, dove il musicista tedesco dimostra buon gusto compositivo.
Con ciò, come si diceva in precedenza, non si vuole però affermare che manchino i momenti stanchi e, soprattutto, stancanti. A sostegno di quanto detto basterebbe ascoltare, ad esempio, “Fears”, traccia banale e di poco interesse, condotta nel peggiore dei modi, sia per quanto riguarda le melodie ben poco stimolanti, sia, in particolar modo, per quel che concerne l’aspetto vocale, a tratti immensamente irritante. Nulla di speciale anche la title-track, che manca di dinamicità, mettendo così in evidenza una certa ingenuità da parte del tedesco in fase di songwriting.

Tecnicamente, siamo al cospetto di un lavoro piuttosto semplice, a tratti lineare ed elementare nello svolgimento. Natrgaard riesce comunque a maneggiare gli strumenti con una discreta sicurezza, senza eccellere in nessuno di questi, ma senza apparire mai in difficoltà.
La registrazione è buona, curata a sufficienza e riesce a rendere l’ascolto dell’album meno difficoltoso.

Siamo giunti alle conclusioni. “Self Therapy” è uno di quei dischi che, come si diceva in precedenza, sembra avere poco senso di esistere, non perché brutto, ma semplicemente perché non aggiunge proprio niente a una scena che già di suo, da qualche anno, pare stantia.
Con la speranza -ma non con altrettanta convinzione- che questo artista riesca a staccarsi finalmente dagli stereotipi tipici del movimento musicale cui appartiene, non ci resta che consigliare questo prodotto solo ai die-hard fan del depressive, tutti gli altri possono anche volgere la propria attenzione altrove.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Soul Reflection
02- Self Therapy
03- Fears
04- Confession
05- A Nameless Desire
06- The More I Know

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