Recensione: Selvans/Downfall of Nur

Di Andrea Poletti - 6 Febbraio 2017 - 5:05
Selvans / Downfall of Nur
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Sole e luna, gli opposti perfetti.

Un dualismo dal quale nasce ogni coppia di opposti dell’universo conosciuto.

Una dualità osservata e studiata ampiamente, cantata e rappresentata nelle epoche precedenti in moltepliciti versioni.

Il fine di questa opera suddivisa in quattro atti è di fornire una nuova interpretazione di questa dicotomia, permeata da tutti quegli elementi tipici che contraddistinguono i nostri progetti: differente uno dall’altro come varietà ma allo stesso tempo simili, uniti per una unanime evocazione del passato.

(Nota a margine del libretto interno del disco)

Gli split sono sempre un essere anomalo, vivono in un mondo a se stante dai classici album e necessitano di un occhio completamente differente, se realizzati con perizia e passione come in questo caso specifico; quattro passaggi (due intro e due brani) dove il nostro cammino verso la rivisitazione di questo eterno dualismo prende forma e sostanza lungo musiche evocative e allo stesso tempo intime. Già all’epoca dei due album fatti uscire rispettivamente dai Selvans (Lupercalia) e dai Downfall of Nur (Umbras de Barbagia) si poteva percepire la unione indiretta tra di due act, quasi a tracciare un sentiero tanto vicino quanto immensamente lontano; un black metal di stampo atmosferico e a tratti folkeggiante, dove alcune sonorità potevano essere quasi scambiate per formare un grande progetto musicale, così è stato. Questo split ha riscosso molti consensi, già al momento del solo annuncio, da parte della nicchia underground più contemporanea che ha sempre nutrito grandissime aspettative per l’evoluzione e l’unione di due gruppi tanto simili quanto unici. Leggendo le informazioni all’interno del booklet si riscontra l’aiuto di Antonio Sanna con l’inserimento dei Lanueddas (Tipico strumento Sardo) nel mondo Selvans e viceversa Selvans Haruspex entrare con i suoi flauti nel regno della luna degli Italo-Argentini; non v’è dunque una scissione ma un’aiuto, una condivisione delll’intero progetto volto ad una cooperazione magnificamente eseguita.

L’ingresso di ‘Sol’ è l’alba che sia avvicina, il cinguettio degli uccellini e una nuova vita che prende forma attraverso il lato più gentile ma al contempo struggente del giorno, chi non ha mai visto nascere l’alba e tuffarcisi col pensieri al suo interno? Chi non ha desiderato che il giorno appena nato diventi una possibile nuova alba vitale? Il pianoforte accompagna leggiadro il divenire sino al finale dove i flauti aprono le porte alla maestosità del padre che sorge e nasce; “Pater Surgens” è la sintesi degli opposti che si attraggano dove lo screaming viscerale e il black sinfonico si allacciano dentro una porzione centrale più epica e imponente grazie all’utilizzo dei clean vocal e ad una sezione ritmicha più cadenzata e riflessiva.

A creative force appears to me

Increasing energy

The spiral of highest will!

See the Aurora’s touch, the brightest line!

La stratificazione delle ritmiche e i molteplici livelli ricolmi di dettagli stilistici ci portano a percepire passaggio dopo passaggio dettagli ed elementi sempre nuovi, a bocca aperta e in piena estasi musicale lo sguardo corre oltre l’orizzonte veloce ed inesorabile, senti il caldo dei primi raggi, la luce che ti invade il volto, sorridi dentro, questa è magia. A 10:36 la violenza si scosta di lato, il pianoforte entra solenne nelle cromatiche rosse che tendono a mutare in azzurro chiaro, alle spalle senti il nero freddo che arriva con i flauti ci aiuta a desiderare di addormentarci; una magistrale prima parte che non ha difetto alcuno. Il silenzio, la tempesta e la pioggia arrivano attraverso ‘Mater Universi’ dove l’aria diventa più stantia e le tempistiche meno inclini all’apertura, meno tolleranza e il buio diventa padrone dei movimenti; Danny Tee con lo screaming ci porta all’evoluzione del primo tempo dentro gli abissi del tempo, invocazioni e richiami alle forze sovrannaturali risentono dei lumi che trascorrono. La porzione centrale in questo caso è quanto di più inteso e spirituale rintraccibiabile dentro questo split, le percussioni e gli echi nei mendri remoti della mente eccheggiano misteriosi, sepulcrali, cosa si nasconde nell’ombra? La cavalcata finale ci conduce verso la tempesta che continua a imperversare violenta e senza respiro, prima di concludere il tutto attraverso ‘Luna’, l’outro minimale e contemplativa che chiede di lasciarci avvolgere dal nero intenso in attesa di poter aprire gli occhi nuovamente nella speranza di un lieto risveglio.

Queen of the Universe

Your light purifies

The Blood of this Earth

Lights our way in the dark

O immortal goddess respond to our call!

Selvans/Downfall of Nur” è uno split iconico e al contempo atipico, la collaborazione ipersensoriale di due band con alla base la stessa anima folk intrisa di black atmosferico; quali saranno le evoluzioni dei rispettivi gruppi nei mesi venturi non è dato a sapersi per ora, ma questo piccolo gioeillo merita l’ascolto, almeno una volta, per ogni amante di queste sonorità. Ritualistico, surreale, visionario split che conferma la grandezza di queste due piccole ma importanti realtà contempporanee, l’Avantgarde che vende con occhio lungo chi merita veramente di poter osare e rendere questo mercato discografico migliore e una cover magistralmente concepito da Santiago Caruso ci raccontano un dualismo eterno, mai simile ad ogni capitolo. Questa è la grande bellezza della musica vera, fuori da ordini commerciali e piena di vita al suo interno; il voto in calce qui sotto è proporzionato ad uno mini album, ma fermarsi ad un numero è inutile quando di qualità se ne ristrova a volontà, magnifici, unici, applausi!

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