Recensione: Sentence Of Death

Di Federico Mahmoud - 27 Aprile 2005 - 0:00
Sentence Of Death
Band: Destruction
Etichetta:
Genere:
Anno: 1984
Nazione:
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81

The end is near…
Lucifer’s Legions of Death are ready for attack
They’ve got only one aim: Total Destruction!

Weil am Rhein, 1983. Un comune nel distretto di Lörrach (all’estremo sud-est della Germania) noto più che altro come la ‘città delle sedie’, secondo un’antica usanza della popolazione locale. Ha inizio qui l’avventura di una delle band più influenti mai apparse sul suolo tedesco: i Destruction.
Spesso e volentieri considerati (a torto!) l’anello debole della triade teutonica in fatto di thrash metal, i nostri hanno rappresentato sin dagli esordi la versione morbosa e iconoclasta di certo metallo europeo, figlio bastardo dello speed e diretto progenitore di buona parte delle uscite estreme pubblicate negli anni a venire. La loro influenza sul black metal è innegabile, sia per quanto riguarda l’immaginario adottato, sia considerando unicamente le coordinate stilistiche dei lavori incisi nell’arco di un lustro.

La band nasce per volere del minuto chitarrista Mike Sifringer, che riunisce al suo cospetto alcuni vecchi amici animati dal desiderio comune di suonare solido heavy metal tedesco: il batterista Tommy Sandmann, il misterioso Ulf al microfono (membro di cui si sono perse le tracce) e un giovanissimo MarcelSchmierSchirmer aspirante bassista. Il monicker scelto in origine è Knight Of Demon, poi sostituito per manifesta incompatibilità con la direzione artistica intrapresa dopo una prima demo-tape, l’acerba Speed Kills. Bestial Invasion Of Hell è il titolo della seconda collezione di brani autoprodotti, pronta nel 1984: si tratta delle prime registrazioni con Schmier in veste di bassista/cantante (Ulf abbandonò i compagni pochi giorni prima delle session per una banale disputa sentimentale con Sifringer), sei brani di puro thrash metal in cui la personalità del gruppo esce finalmente allo scoperto. I numeri e la dedizione non mancano: il resto ce lo mette l’attivissima Steamhammer, che accoglie il trio sotto la sua ala protettrice.

Il debutto ufficiale arriva alla fine dello stesso anno, un ep dal titolo inequivocabile: Sentence Of Death. Il lavoro è un concentrato furioso di metal bestiale all’epoca catalogato come black metal (terminologia che, come per In The Sign Of Evil dei conterranei Sodom, è ben distante dalla concezione moderna del genere), che punta con successo sul feeling piuttosto che sulla qualità degli arrangiamenti; la produzione, nel complesso discreta, è solo un dettaglio se i classici non mancano.
La principale attrazione del mini è senz’altro l’opener Total Desaster, uno di quei pezzi che dal vivo dettano legge: anticipato dall’immancabile vocione che preannuncia l’Apocalisse, il brano fa dell’assalto senza mezzi termini la sua arma privilegiata, come testimoniano i riff abrasivi fabbricati dalla chitarra di Sifringer, un piccolo demonio – basta ammirare la copertina per rendersene conto. L’opera di demolizione auricolare (e non solo, a giudicare dall’iconografia fieramente blasfema adottata dal combo tedesco) è proseguita con Black Mass, che ospita un assolo di estrazione tipicamente classica, non senza lo stupore di chi si aspettava un bombardamento incessante nell’arco di venti minuti scarsi. Tra fragorose escursioni batteristiche e accelerazioni repentine il three-piece confeziona un altro prodotto di rara ferocia, dove Schmier ha buon gioco nel perdere la voce a forza di urla acide e sguaiate. Lyrics poco ortodosse (a volte sconfinanti in una forma puerile di Satanismo) chiudono il cerchio, una costante per tutto il disco.
Mad Butcher è la versione embrionale, ma non meno interessante, del grande classico che sarà pubblicato in singolo nel 1987. Stesso esilarante testo (eccezion fatta per un verso del chorus che verrà modificato), ritmi meno frenetici e la grande carica che solo una hit di questo calibro può permettersi: tre minuti che scorrono in un batter d’occhio, per il gaudio dell’ascoltatore e la disperazione delle sue vertebre. Sulle medesime coordinate si attestano anche l’oscura Satan’s Vengeance, una traccia che non disdegna passaggi più imperiosi e meditati, e la conclusiva Devil’s Soldiers, con Tommy Sandmann impegnato in una sorta di proto-blast beat d’altri tempi, la mazzata finale prima che la puntina si sollevi dal piatto.

Sentence Of Death è un debutto più che incoraggiante, che non esiterei a definire storico. I Destruction hanno le carte in regola per assumere una posizione di rilievo nella nascente scena tedesca, e lo dimostreranno solo pochi mesi dopo con l’uscita del primo full-length della loro carriera, il mitico Infernal Overkill. Ma questa è un’altra storia…

Nota a margine: l’ep annovera due copertine differenti, una standard per il mercato europeo (qui pubblicata) e una per il mercato americano, che ospita una foto alternativa dei componenti della band.
Sentence Of Death è stato ristampato nel 1988 dalla Steamhammer (divisione della SPV) in doppio-cd assieme al già citato Infernal Overkill: nonostante i contenuti poveri, si tratta senza dubbio dell’edizione più reperibile al momento nei principali cataloghi. 

Track-list:
01 Intro
02 Total Desaster
03 Black Mass
04 Mad Butcher
05 Satan’s Vengeance
06 Devil’s Soldiers

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