Recensione: Sentenced By The Cross
Il Medioevo.
Epoca storica ideale per chi ne volesse decantare le crudeltà, raramente così intense rispetto ad altre ere. Magari accompagnate dallo stupendo quadro del pittore ungherese Mihály Zichy, vissuto nel XIX secolo, raffigurante un autodafé, cerimonia pubblica ove si eseguiva la condanna della Santa Inquisizione spagnola.
Crudeltà su crudeltà, insomma, che ispirano le tematiche affrontate dai tedeschi Supreme Carnage nel loro “Sentenced By The Cross”, full-length uscito alla fine dell’anno passato. Secondo lavoro in ordine di tempo dopo “Quartering The Doomed” (2013), tenendo anche conto dell’EP “A Masterpiece Of Execution”, datato 2012, apparso due anni dopo la nascita della formazione di Münster.
Malgrado l’interesse per il passato, Jorge & Co. cercano di sostenere il proprio stile dalla modernità, se non altro nel sound. Assolutamente impeccabile nella sua perfezione tecnica, grazie anche alla produzione di Jörg Uken (God Dethroned, Sinister, Suicidal Angels), l’impronta sonora di “Sentenced By The Cross” è votata a un flavour che sa di 2016, evitando con ciò di inserirsi nel sin troppo abusato, almeno a parere di chi scrive, puzzo di old school.
Death metal ortodosso, pertanto, calibrato sul possente e personale growling del menzionato Jorge, senz’altro aggressivo e profondo, ma anche un po’ monocorde nella stesura delle linee vocali. Una garanzia di qualità nondimeno un limite, allo stesso tempo. Impressionante, al contrario, il lavoro svolto dalla coppia d’ascia Jörg/Nova, capace di innalzare un muro di suono granitico, senza la minima interruzione di continuità, senza alcuna crepatura. Un impatto ritmico devastante, alimentato da un rifferama vario e articolato, soprattutto roccioso. Capace, comunque, di addensare alcuni segmenti melodici di tutto rispetto, come ben evidenziato nella trascinante title-track. Ottima pure la sezione ritmica, pilotata dal preciso drumming di Mirko, spinta dal pulsante basso di Sven.
Tornando al discorso sullo stile, alcune armonie tirate su dalle chitarre, come per esempio succede in “Skin Turns Black”, portano anche a sentirsi nel campo del death melodico. Anche se, obiettivamente, la relativa asprezza del marchio di fabbrica dei Nostri li porta ad addentrarsi nella follia dei blast-beats, ove resistono solo le corazze più forti, meno edulcorate. In ogni caso, un appunto necessario al fine di definire compiutamente il marchio suddetto, davvero ben rifinito curato e… carnoso.
Per quanto sopra, “Sentenced By The Cross” non presta il fianco a critiche particolari. L’unico difetto, se così si può definire, è una certa ripetitività a livello di puro songwriting. Un leggero immobilismo nella soluzione della forma-canzone che, di nuovo, potrebbe rimandarsi a un cantato poco duttile e malleabile. Si tratta di una mancanza che non rovina certamente un platter dal livello complessivo più che discreto, ma che ne tarpa le ali in un’ottica di mercato over-underground. Peraltro, il mood del platter medesimo è azzeccato, con alcuni intermezzi ambient/strumentali che aiutano chi ascolta a immergersi nelle cupe, tetre e sanguinolente atmosfere dell’orrido regime medievale.
Si poteva far di più, forse.
Daniele D’Adamo