Recensione: Sentieri dimenticati

Di Francesco Sorricaro - 26 Gennaio 2013 - 0:00
Sentieri dimenticati
Band: Veratrum
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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78

Nel recensire Sangue, prima demo dei Veratrum risalente al 2010, li avevo definiti come una tra le band più promettenti del panorama estremo nazionale. Beh… Confermo in pieno!

Sentieri dimenticati, il primo full lenght ufficiale della band bergamasca, è un disco ambizioso, curato in maniera magniloquente: un’auto-produzione che lascia di stucco per la qualità assoluta del prodotto finale che ci troviamo tra le mani.

Aperto da una citazione da “La Voce del Silenzio” di Helena Petrovna Blavatsky, controversa filosofa e teosofa russa dell’800, Sentieri dimenticati traccia la via di un viaggio per indagare la realtà oltre la realtà, superando la superficialità dei nostri sensi per tornare ad esplorare il nostro mondo e le nostre origini ancestrali con la mente e lo spirito.

Dieci tracce in lingua italiana, con liriche di grandissimo spessore, risuonano di un death metal epico e solenne, che paga dazio alle atmosfere catacombali dei Nile ed al tiro secco e black-oriented dei maestri polacchi, Behemoth su tutti.

Sabnok, Caim e Marchosias sfoderano una prova maiuscola per tutta la durata del disco, dimostrando grande tecnica e varietà nei fraseggi fondamentali: da quelli più brutali, come nella doppietta iniziale a la Cannibal Corpse rappresentata da Uomo e Lo sventramento dei Guardiani della Terra Cava, sino alle ottime strumentali I braceri del Tempio di Thot e Orizzonte che permettono di respirare tra un massacro e l’altro.

Personalmente, trovo che sia una grande pecca l’uso dell’Italiano in questo album. Non è per la scelta, che è coraggiosa e rispettabilissima; non è per la prova vocale di Haiwas che, tra screm vocals e growling, se la cava più che egregiamente. In realtà ho trovato abbastanza forzato l’adattamento di alcune metriche, e poco riuscito il risultato sonoro dei chorus, come nell’epica Ars Goetia o in Ritorno ad Atlantide, generatrici di un pathos crescente che scema proprio al climax del coro. È mia opinione personale, ripeto, che in tali frangenti l’inglese avrebbe regalato maggiore impatto, facilitando anche il compito allo stesso Haiwas.

In ogni caso, ho amato molto la carica schiacciasassi de I trionfi più grandi, l’accoppiata orientaleggiante de I braceri+Ritorno ad Atlantide, che fa da ideale cuore evocativo dell’intero lavoro, e la chiusura di Agarthi, forse la più riuscita ed articolata del lotto: una cavalcata a perdifiato, con un Sabnok sugli scudi nelle parti più estreme e, qua e là, echi di trombe di guerra che riecheggiano dalle nebbie del passato.

Il booklet di Sentieri dimenticati è ricco e curato nei minimi dettagli, con tanto di testi commentati e traduzioni in inglese degli stessi; la copertina non sarà tra le migliori dell’anno, ma non si può avere tutto dalla vita.

I Veratrum continuano il loro viaggio nel migliore dei modi, hanno le idee chiare e sanno bene come metterle in pratica; in più non trattano tematiche banali, e questo non è da tutti. Un pizzico di originalità in più nello stile musicale non guasterebbe, ma siamo di fronte ad un debutto coi fiocchi!

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 

Tracklist
01. La Voce del Silenzio  00:39
02. Uomo  04:03
03. Lo sventramento dei Guardiani della Terra Cava  03:34
04. I Trionfi più Grandi  03:41
05. Ars Goetia  04:03
06. I braceri del Tempio di Thot  01:44
07. Ritorno ad Atlantide  06:06
08. Orizzonte  01:16
09. Thule  05:22
10. Agarthi   04:52

Durata totale  35:20

Line-up
Haiwas – voce, chitarra, tastiere
Caim – chitarra
Marchosias – basso
Sabnok – batteria

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