Recensione: Sepulcrum

Di Giuseppe Abazia - 2 Giugno 2007 - 0:00
Sepulcrum
Band: Urna
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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87

Gli Urna sono un progetto nato dalle geniali menti di R.M. e M.Z., i due mastermind dei Locus Mortis, apprezzatissimo gruppo black metal cagliaritano; non paghi di aver già dato alla luce, con Inter Uterum Et Loculum, uno dei migliori dischi black metal che queste orecchie abbiano ascoltato da un po’ di tempo a questa parte, i nostri si cimentano, tramite il progetto Urna, in qualcosa di molto più ambizioso, particolare ed unico nel suo genere. Ciò che ci propongono è un malsano ibrido di dark ambient, funeral doom e black metal, realizzato con un’abilità e una lucidità stupefacenti. Dopo aver già rilasciato, nel 2005, l’album Justa Funebria, nel 2006 è Sepulcrum a spostare ancora un po’ più avanti i paletti della sperimentazione sonora, andandosi ad imporre come un’uscita di assoluto rilievo nei panorami sia black che doom, e proiettando così gli Urna nel novero delle più importanti e valide realtà estreme italiane. Come un viaggio nella follia delirante attraverso i meandri del più cupo degli incubi, avvinghiati in una melma che non lascia respiro, Sepulcrum è un’esperienza musicale e spirituale che avvolge nelle sue spire nere e trasporta nei bui sotterranei del più assoluto nichilismo, accompagnati da atmosfere in bilico fra la vita e la morte.

Sepulcrum è un album che va ascoltato dall’inizio alla fine, tutto d’un fiato, per poter essere goduto appieno: estrapolarne canzoni singole è come snaturarne l’essenza,
poiché ogni traccia è un episodio di un discorso unico, coerente e inarrestabile, di una discesa negli inferi scandita ora un intermezzo atmosferico, ora da un incedere dolorosamente lento, ora dalla furia cieca. E la voce narrante di questo orrorifico viaggio è un growl inumanamente profondo, cavernoso, spaventoso, che sembra provenire direttamente dall’oltretomba; facciamo la sua conoscenza poco dopo l’inizio della prima traccia Ab Vita Morte (In Fidei Abitus), che ci introduce soffusamente nelle atmosfere dell’album con i suoi coi suoi echi catacombali, mentre potenti riff di chitarra si fanno progressivamente largo nella fitta nebbia di rumore, prima di lasciarvi completamente il posto: ma è solo la quiete prima della tempesta, una tempesta fatta di blastbeats e di violenza incontrollata. Intermezzo I è un breve pezzo dark ambient che ci prende nella sua gelida mano e ci conduce attraverso un sepolcro di disperazione che sfocia nella splendida Fundamentum Et Factum, una canzone dall’andamento tipicamente funeral doom fra le più atmosferiche del disco, quasi tranquilla e riflessiva, come se volesse portarci a scoprire i suoi segreti senza fretta alcuna, ma facendoci assaporare lentamente il suo progressivo dipanarsi. Intermezzo II invece è quasi psichedelico coi suoi rumori distorti, ma la calma di cui si fa portatore è presto rotta dal roboante principio di Mors Imperatix Mundi MMVI, una canzone che si costruisce lentamente, mutando il suo iniziale incedere doom in rabbiosa violenza, prima di tornare a spegnersi lentamente nei rivoli che conducono a Postludium, un bellissimo intermezzo di pianoforte dalla melodia quasi malinconica e rassegnata; un tono più malsanamente melodico lo assume anche la successiva traccia Ego Sum, che annaspa nel suo mare nero di follia mista a brutalità, che esplode verso metà in un tripudio di blastbeats e riff impazziti. In Sic Juvat Ire Sub Umbras MMVI invece è l’introspezione ad avere il sopravvento, in un pezzo interamente ambient che ci culla nelle sue atmosfere ora spaziali, sognanti e sconfinate, ora inquietanti e fredde. La traccia finale, The Gate of Nanna, pur essendo una cover dei Beherit, è integrata perfettamente nel sound di Sepulcrum, grazie alla personale rielaborazione e interpretazione degli Urna, e rappresenta l’ultimo assalto sonoro del disco prima della sua conclusione.

Sepuclrum è un album complesso, eclettico, ricco di sfaccettature e magistralmente composto, ed è potenzialmente in grado di accontentare diverse tipologie di ascoltatori: piacerà agli amanti del funeral doom, perchè ne possiede tutta la carica monolitica, distruttiva e apocalittica; piacerà agli amanti del black metal,
perché ne conserva le atmosfere fredde, taglienti e marce; e piacerà anche a chi apprezza il dark ambient,
poiché esso rappresenta il substrato che tiene insieme i due precedenti elementi, ed è ciò che conferisce alla musica il suo alone spettrale, tombale ed etereo. Sepulcrum è la testimonianza di un genio creativo che merita assoluto rispetto e ammirazione, una gemma nera che risplende della sua impenetrabile oscurità, e che lascerà il suo segno indelebile nel panorama del metal estremo.

Giuseppe Abazia

Tracklist:

1 – Ab Vita Morte (In Fidei Abitus) (11:50)
2 – Intermezzo I (3:16)
3 – Fundamentum Et Factum (9:39)
4 – Intermezzo II (2:02)
5 – Mors Imperatix Mundi MMVI (11:00)
6 – Postludium (1:27)
7 – Ego Sum (8:56)
8 – Sic Juvat Ire Umbras (9:55)
9 – The Gate of Nanna (Beherit Cover) (5:44)

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