Recensione: Sequenzen Einer Wanderung
“Ende”
La caratteristica davvero totalizzante della musica è l’assoluta libertà di cui la stessa è capace di farsi portatrice ed interprete.
Ci sono dischi che raccontano, dischi che denunciano o che vogliono sensibilizzare la gente su di uno specifico argomento. Ci sono album che, molto meno frequentemente, tendono ad isolarsi metaforicamente dal mondo che li circonda; lavori talmente all’antitesi con il percorso artistico e musicale della band che li ha partoriti da risultare inconcepibili, atipici, lontani.
A volte, se le muse ispiratrici decidono di posare il loro benefico sguardo su degli artisti che, inconsciamente, già posseggono determinate caratteristiche artistiche ed umane (o precisi stati d’animo) i lavori che scaturiscono da questo celestiale incontro sono non solo difficili da catalogare, ma talmente “universali” da lasciare all’ascoltatore il più totale controllo sulle proprie emozioni. Ci sono album che sono in grado di catturare i pensieri e gli stati d’animo dell’ascoltatore amplificandoli, rendendoli un tutt’uno con la musica. Oltre il tempo, lo spazio, oltre la materia stessa.
L’arte – e nello specifico quella musicale – è universale proprio quando lascia “l’utente” in grado di scegliere in cosa immedesimarsi, in cosa credere, cosa vedere e cosa sentire.
In quest’ottica “Sequenzen Einer Wanderung”, segna per il sottoscritto il testamento musicale, ideologico e spirituale di ciò che furono i Nocte Obducta.
“Sequenzen Einer Wanderung”, semplicemente, rappresenta la fine.
“Ora… che è tempo di andare…”
Il triste commiato, l’ultimo dolce e tenero abbraccio prima della morte, prima dell’oblio. Con negl’occhi il sole accecante dell’ultima alba, s’incede silenziosamente verso il nulla.
Anche i Nocte Obducta hanno voluto salutare i propri fan con i loro personalissimi “canti della sera”, offrendo all’ascoltatore un ultimo passaggio attraverso le fitte nebbie che si dipanano, grazie a delle intermittenti folate di gelido vento.
“Andiamo, chiamateci al mattino. Ridateci la rugiada del mattino!”
Questo è il laconico testamento che porta in sé tutti gli struggenti tormenti che per anni hanno martoriato il combo di Magonza. I demoni che hanno posseduto per anni i cinque musicisti trovano eco nelle note distorte delle chitarre che si alternano, tra metriche vicine a sincopate e progressive reminiscenze ‘floydiane’ e altre d’ambientazione decisamente doom divise tra ripetizione ed ossessione.
Un vento gelido che sferza il viso saturo di sale, lasciando la pelle screpolata e corrotta, irritata da una caustica salsedine, all’estremo confine tra terra e mare. Questa l’ambientazione che, se chiudo gli occhi e lascio correre la fantasia, vedo ascoltando il disco.
“…aspettando l’alba…”
Una passeggiata solitaria lungo la spiaggia avvolto dal gelo di febbraio, con i piedi nudi sprofondati in una sabbia grossolana e gelida. Le due canzoni che compongono l’album hanno il sapore del vagare senza meta e senza senso: lo sciabordio delle onde sul bagnasciuga, le orme dei passi cancellate dal sentiero di sabbia e dalla memoria del mondo, lo sguardo fisso verso un punto lontano confuso tra il sogno e l’orizzonte.
Camminando mestamente si raggiunge il punto prima solamente intuito, pian piano la sagoma di una bottiglia si fa sempre più chiara. Una bottiglia di vetro, abbandonata sulla battigia e lambita dalle onde, che pigramente rotola e sbatte, cullata dal dolce movimento di marea. Dentro lo scrigno, custodito dal mare, riposa il messaggio che i Nocte Obducta hanno lasciato in eredità a chi, forse anche per sbaglio, avesse la fortuna di trovarlo.
Musica ispiratissima che fa da cornice alla miriade di ambientazioni che il gruppo ci regala.
È la musica ad essere protagonista nel messaggio appallottolato nella bottiglia: i frequenti cambi di ritmo dettano il passo ai mutamenti di stati d’animo, delle esplosioni di empatia. Schizofrenico, mutevole, introspettivo: “Sequenzen Einer Wanderung” è composto dai pezzi laceri delle anime dei componenti del quintetto che hanno deciso di comune accordo di mettere la parola fine al progetto iniziato tredici anni prima. All’ascoltatore l’incarico di individuare la parte che più si addice alla propria sensibilità musicale e farla propria, conservandola nella parte più recondita della memoria. La tristezza dell’addio è palpabile, ma anche nell’addio c’è spazio per una gioia minuta: perché ad ogni conclusione che la vita ci porge, c’è sempre un nuovo inizio.
“Come la nebbia che scorre dalle colline”
A margine della recensione è doveroso sottolineare che “Sequenzen Einer Wanderung” è un album atipico: quarantaquattro minuti di musica suddivisi in due sole tracce non sono decisamente un piatto adatto a tutti i palati. Ma la trasversalità della proposta credo potrà essere apprezzata da una larga maggioranza degli amanti della buona musica e non solo da chi conosce i Nocte Obducta come gruppo dedito al black. Se lo stavate cercando, qui di black ce n’è davvero poco.
Per concludere, non posso esimermi dal sottolineare che, davanti a certi lavori, il voto è solo un’inutile numerico dettaglio.
“la nebbia scende dalle colline e dalla valle, per noi – per voi.”
Tracklist:
01 Teil1
02 Teil2
Daniele Peluso