Recensione: Serpentine Hermetic Lucifer
Magnificazione della schizofrenia devastatrice.
Poche altre frasi potrebbero meglio rappresentare il terrificante sound dei canadesi Nuclearhammer, fautori di una sorta di primordiale incrocio fra death metal e grindcore, che l’assoluta esagerazione di ciascuna componente sonora non può che accumunarli al secondo dei due generi dannati.
“Serpentine Hermetic Lucifer” è il secondo full-length di una carriera relativamente breve, ma che dal 2006 ha dato luogo a una buona discografia: cinque demo (“Nuclear Rehearsals”, 2006; “Tyrants Of Cruelty”, 2006; “Immortalized Hatred”, 2006; “Rehearsal ‘07”, 2007; “Demo 2008”, 2008), quattro split (“Serpent’s Malignancy”, + Antediluvian, + ‘. . . [l]ight am I’ . . ., 2007; “Excharge”, + Deiphago, 2011; “Heretical Serpent Cult”, + Begrime Exemious, 2011; “Abomination To The Lord”, + Sickrites, 2012) e due EP (“Existence Of Abhorrence”, 2007; “Frozen Misery”, 2011). Oltre, ovviamente, al debut-album, “Obliteration Ritual”, uscito nel 2009.
Senza disquisire troppo sulla giusta definizione da appioppare alla proposta del quartetto di Toronto, l’inumana pressione sonora esercitata sull’ambiente circostante è semplicemente spaventosa. Allineata, cioè, a band che si sono spinte oltre il limite di sopportazione della carne, fra le quali emergono Myrkskog, Lock Up, Anaal Nathrakh, Hyperial. Le quali, oltre a far schizzare fuori scala il valore dei BPM, arricchiscono pesantemente il proprio sound con inserti elettronici, stacchi ambient, orchestrazioni e tutto quanto necessario per far evolvere gli elementi di base del grindcore in direzione di quelli più complessi, elaborati ed evoluti del death. Seppure, almeno a parere di chi scrive, sia proprio il grindcore – quello però opposto al versante del thrash e dell’hardcore – a meglio tratteggiare uno stile sovrabbondante di ogni cosa: dall’inumano cantato Axaazaroth, scellerato miscuglio fra scream e growl, al convulso riffing di Doomhammer e Impugnor, al basso disintegratore di Abyssious, allo terremotante drumming dello stesso Axaazaroth.
A questo spettacolare assalto musicale si deve dare inoltre atto della ‘perfezione’ della produzione, intendendo con tale sostantivo un’allucinata capacità di dar luogo ad atmosfere in cui regna il caos assoluto, la saturazione timbrica, il cupo rimbombo del vuoto intergalattico. La materializzazione dell’incubo nucleare che disturba i sonni delle razze umane e aliene, frastornate entrambe dalle esplosioni innescate da Axaazaroth e compagni. I quali riescono a imbastire un mostruoso muro di suono, infinito nelle due dimensioni spaziali, sulla cui superficie nessun essere vivente riuscirebbe a resistere all’esagerato impatto delle onde sonore (“Nuclearhammer”).
Oltre alla devastante energia che si propaga nell’àere sotto forma di repentini e violenti cambiamenti di pressione, i Nuclearhammer riescono a produrre anche delle song articolate, varie, dal mood assolutamente visionario, come dimostra la terrificante opener “Multi-Dimensional Prism Of Black Hatred”; sconquasso delle membra che in taluni passaggi rievoca la furia antesignana di Quorthon. La provocatoria “Phosphorus Clouds Descend On Mecca”, inoltre, rivela nell’incipit una natura votata anche ai mid-tempo, anche se poi l’annichilazione assume i contorni di un incondizionato attacco aria-terra.
Ora, è chiaro che “Serpentine Hermetic Lucifer” non sia un lavoro ideale per i palati più fini e nemmeno per quelli deboli. Per chi adora le emozioni forti anzi estreme, i Nuclearhammer rappresentano al contrario un eccellente sistema per soddisfare le voglie (musicalmente) più abiette. Difficile se non impossibile, difatti, trovare qualcosa di più soverchiante, oggi.
Daniele “dani66” D’Adamo