Recensione: Servant Of The Servants
Geograficamente napoletani, musicalmente internazionali. In maniera lapidaria si potrebbero così definire i Black Inside, fautori di un heavy/doom di stampo classico con venature quasi sludge e stoner. Un interessante misto tra scuola inglese e americana, quindi, che non manca mai di guardare all’atmosfera dei brani inserendo, dove il pezzo lo richiede, parti più veloci o meditative, a seconda dell’evoluzione intrapresa.
Nati con la chiara (sin dal nome) intenzione di omaggiare i Black Sabbath, i cinque ragazzi campani danno alle stampe il presente Servant Of The Servants, disco a metà strada tra un lungo Ep ed un breve full lenght. 36 minuti per 6 canzoni che sprigionano amore sulfureo per le brughiere d’Albione e per le strade di New Orleans. Il flusso musicale si apre con la titletrack, opener sulfurea e melodica al contempo, ma invero non una delle perle del lavoro. Ben più intensa, Crossing The Desert solleva non di poco l’umore dell’intero disco, rappresentando uno degli apici emotivi e compositivi dell’album.
Si prosegue con Another Me, probabilmente il pezzo più articolato di tutti con forti innesti di metal classico e ben congeniato grazie all’apporto delle due chitarre. Come dal nome, Getsamani Suite è un lungo brano che sfiora i 9 minuti di lunghezza esprimendo un senso di dolore ed oppressione riletto in chiave tipicamente heavy. Per uscire da tali sensazioni, i Black Inside spezzano con Tears Of Rain, dolce ballad con pianoforte e voce che la fanno da protagonisti fino a quando non entrano in gioco le chitarre a dare un accento di durezza al brano.
Chiude i giochi Zombies Train, asso nella manica posto sapientemente in coda e rappresentante il pezzo più riuscito dell’intero lotto: velocità e atmosfera si susseguono in un brano che vede finalmente il quintetto sciogliere le briglie sfoderando le sopite influenze maideniane.
Tirando le somme, Servant Of The Servants è un lavoro estremamente interessante che mostra tutte le qualità di una band già piuttosto matura. Decisamente positivo il giudizio a riguardo dei singoli musicisti, i quali rendono, grazie ai loro strumenti, il sound dei Black Inside cupo e melodico al contempo. Luigi Martino possiede un timbro vocale molto epico, mentre le chitarre di Peppe Pandolfi e Brian Russo intessono tappeti grezzi e di ottimo spessore. In ultimo, ma non certo meno importante, va citata la sezione ritmica con la batteria di Enzo Arato ed il basso di Alex Ammodio sempre protagonisti, soprattutto quest’ultimo. Da segnalare, oltre a quanto detto, la buona produzione di Maddalena Bellini (Nameless Crime), la quale fornisce un suono sporco, ma definito quanto basta.
Insomma, un lavoro che, nonostante qualche fisiologico passaggio a vuoto, segna un passo estremamente positivo per la band napoletana. Ora non resta che promuovere a dovere il tutto e replicare alzando ancora di più il valore dei pezzi.
Andrea Rodella
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Tracklist:
1 – Servant Of The Servants
2 – Crossing The Desert
3 – Another Me
4 – Getsamani Suite
5 – Tears Of Rain
6 – Zombies Train
Lineup:
Luigi Martino – Vocals
Peppe Pandolfi – Rhythm Guitar
Brian Russo – Lead Guitar
Alex Amoddio – Bass
Enzo Arato – Drums