Recensione: Set the Stage Alight 35th Anniversary Edition
La leggenda vuole che i Metallica degli inizi, quelli formati da quattro capelloni yankee trasandati che mettevano a ferro e fuoco le assi degli stage che osavano subire la loro violenza fatta musica, avessero mutuato l’idea di Hit the Lights – opener del loro debutto Kill ’Em All del 1983 nonché brano di apertura delle loro carneficine live – da un pezzo degli inglesi Weapon.
In Inghilterra a inizio anni Ottanta era in atto una rivoluzione musicale: centinaia di band metallarissime una più agguerrita dell’altra si contendevano gli angusti spazi che potevano garantire loro un posto al sole. Pochi di quegli ensemble riuscirono nell’impresa, ove per impresa si intende la possibilità di vivere di musica. La concorrenza era altissima e la qualità media dei gruppi pure: il fatto di essere al momento giusto nel posto giusto poteva indirizzare per il meglio un’intera carriera, al di là dei valori squisitamente tecnici. In quel tritacarne siderurgico che fu, appunto, la New Wave of British Heavy Metal troppe valide band vennero sacrificate mortificando sul nascere o quasi delle gemme che inevitabilmente furono condannate a non sbocciare mai del tutto. Si possono avere “in casa” i migliori pezzi del mondo ma se non si riesce a crearsi un’opportunità tutto poi sfuma: l’entusiasmo muore e con esso i sogni di gloria.
Il periodo della Nwobhm ha consegnato alla Storia dell’Acciaio band incredibili, Campioni quali Saxon, Def Leppard, Iron Maiden e anche i Venom, ma il loro successo inevitabilmente ha castrato le speranze di tanti altri, che si sono dovuti accontentare, nel migliore dei casi, di piazzamenti per l’Europa League. L’elenco sarebbe sterminato, per molti la vera essenza del British Steel risiede, oltre che nei solchi degli obbligatori Wheels of Steel e Iron Maiden (l’album) in tantissimi 45 giri a tiratura limitata e Lp rimasti unici nella discografia di band alle quali spesso non è stato concesso nemmeno quel quarto d’ora di notorietà di wahroliana memoria.
Fra questi però non compaiono i Weapon di Londra, che qualche bagliore invero nemmeno poi così accecante se lo sono comunque ricavati lungo i primi anni del loro corso. Personalmente rimembro con piacere il fatto di ritrovare il loro nome scolpito – si fa per dire – sulla plastica esterna dell’Hammersmith Odeon in occasione dei quattro concerti filati effettuati dai Motorhead nel tempio londinese durante l’Ace up your Sleeve tour del 1980. Successivamente a quel tour il combo di Lemmy licenziò il devastante live No Sleep ‘Till Hammersmith finendo al primo posto delle classifiche generaliste UK. Un fatto incredibile, per l’epoca, e i buoni Weapon, anche solo per essere riusciti a “rubare” una foto con il loro nome associato al bombardiere più famoso della storia della musica dura portò un po’ di acqua al loro mulino oltre, ovviamente, al fatto di avere aperto per i M’head durante quel tour. Il 1980 segnerà la prima – e unica – loro uscita ufficiale nel periodo Nwobhm: il 45 giri “It’s Mad Mad World” / “Set the Stage Alight”. Poi i soliti, tragicomici accadimenti ben conosciuti anche alle nostre latitudini: un po’ di concerti, tante speranze ma nulla di “vero” che accade. Inevitabile lo split.
Dal 2005 in poi, in piena era di revival delle vecchie glorie – pratica che ancora oggi pare immune da crisi – celebrazioni, l’uscita di una compilation nel 2003, qualche concerto ad hoc e la pubblicazione di un album di inediti nel 2014: Rising from the Ashes. La partecipazione ad alcuni Festival di prestigio e la ritrovata voglia, nella perfida Albione, di gruppi storici dell’Acciaio porta nuovo entusiasmo in casa Weapon e questo 2016 segna l’uscita di “Set the Stage Alight 35th Anniversary Edition” da parte dell’attenta label britannica Blood & Iron Records. Il Cd contiene tutto il materiale targato Weapon appartenente al periodo d’oro della band fra il 1980 e il 1981 più due tracce live estratte dalla loro performance all’Headbangers Open Air Ball in Germania del 2005, ove si esibirono nella classic line-up: Jeff Summers (Chitarra), Danny Hynes (Voce), Barry Downes (Basso), Bruce Bisland (Batteria).
Il ricchissimo booklet che accompagna l’uscita si compone di ben venti pagine ricche di storie, testi e foto atti a fornire una panoramica il più esaustiva possibile alla parabola artistica della band.
L’heavy metal dei Weapon è, come quello di tanti colleghi più o meno illustri, profondamente legato, come è ovvio che sia, agli anni Ottanta. Highlight del lavoro griffato Blood and Iron Records senza dubbio l’opener Set the Stage Alight, uno dei brani-simbolo di quel periodo straordinario e irripetibile. Chitarre fiammeggianti, il giusto hook, l’ugola tipica di Danny Hynes a reggerne l’impianto e via di British heavy metal sino al termine. Un po’ meno ficcanti i pezzi a seguire anche se di sicuro carattere, a partire da Liar, forte del coro da concerto a fare da dominus. Sentendo con attenzione i londinesi si capisce una volta di più da dove abbiano attinto le allora nuove band dell’italian way of HM, più specificatamente Vanexa e Steel Crown. Acciaio ma anche melodia sparsa quella alla base del Weapon sound: One Night Stand è brano accattivante così come il tormentone hard Mad Mad World, non a caso scelto per il 45 giri di debutto. Da rivalutare il lentone Olivia, figlio degli anni Sessanta al netto della durezza impressa dell’ascia di Jeff Summers. Le quattro tracce estratte dai demo non si discostano dal tipico songwriting dei Nostri mentre una menzione particolare meritano Take that Bottle e Midnight Satisfaction in veste live, in primis perché non registrate ad minchiam e messe lì tanto per far volume ed in seconda istanza per la possanza della proposta.
Weapon: un ripasso consigliato…
Stefano “Steven Rich” Ricetti