Recensione: Seven

Di Daniele D'Adamo - 23 Ottobre 2020 - 0:01
Seven
Etichetta: AFM Records
Genere: Death 
Anno: 2020
Nazione:
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73

Come suggerisce il titolo, “Seven” è il settimo full-length dei Mors Principum Est, da ventun anni sulla cresta dell’onda quali eccellenti esponenti del melodic death metal.

Melodic death metal che, al contrario di quello che accade per numerosi act, mantiene parecchio della sua forma originaria, risalente ai primi anni novanta. Il che non è assolutamente un difetto, giacché i Nostri possiedono una classe cristallina e un talento non indifferente nell’ambito di cui si tratta. Questa fedeltà ai dettami di base del genere inficia un po’ l’originalità di uno stile che, in effetti, non si discosta di molto da quanto già ascoltato in materia. Il che rende difficile, per un approccio veloce alla questione, riconoscere al volo la band finlandese.

Anche in questo caso, tuttavia, non si tratta di una carenza tale da invalidare la bontà complessiva dell’LP in esame. La qualità dell’esecuzione, difatti, è ai massimi livelli qualitativi oggi possibili; grazie anche a una produzione praticamente perfetta dovuta al supporto di un’etichetta discografica importante e dotata di grande esperienza come l’AFM Records. Il suono di “Seven” è di conseguenza assai brillante. Esplosivo, pulito, preciso nei suoi contorni, irreprensibilmente al passo coi tempi. Qualità che formano una struttura salda e massiccia, sulla quale è facile inserire le varie tracce a mò di tamponatura.

Ville Viljanen (voce) e Andy Gillion (chitarra, programmazione), unici due membri che agiscono in sala di registrazione – ma vale la pena di menzionare i loro colleghi che li coadiuvano dal vivo: Iiro Aittokoski (batteria), Lauri Unkila (chitarra), Joni Suodenjärvi (basso), Jarkko Kokko (chitarra) – , dimostrano ancora una volta, se fosse possibile, la notevole preparazione tecnica delle formazioni nordeuropee che, per qualche motivo che sfugge a chi scrive, hanno il DNA intriso di rock e metal in tutte le loro possibili sfumature. Oltre, giova ripeterlo, a una capacità innata di scrivere buone canzoni.

Un approccio al death metal melodico come quello dei Mors Principum Est, seppure sostenuto da un elevato pregio formale, porta inevitabilmente a caricare di responsabilità i singoli episodi del CD. Se non si riesce a rendersi riconoscibili con decisione attraverso il sound, allora, non rimane che farlo con le canzoni, appunto.

In linea generale, il segmento delimitato da ‘A Day for Redemption’ e ‘My Home, My Grave’ ingloba quasi cinquanta minuti di musica impeccabile, destinata a soddisfare parecchi palati, più fini che grezzi, con una continuità davvero esemplare. Nel senso che detto segmento è coeso, compatto nel proporre situazioni scevre da filler, cali tensione o quant’altro che mini la consistenza di un disco capace di fornire uguale tensione lungo la sua durata. Tensione in certi momenti palpabile, come se il suono fosse percorso da scariche elettriche. Le quali fungono da energia per muovere un motore abbondantemente rodato ma in ottime condizioni di manutenzione.

Pur non essendo particolarmente complessi, i brani del platter abbisognano di parecchi passaggi per essere assimilati. E ciò per via di una ricchezza compositiva encomiabile. Malgrado tutti questi pregi, “Seven” fa fatica a decollare, giacché Viljanen e Gillion prediligono l’approfondimento musicale invece che la realizzazione di hit da battaglia, anche se la ridetta ‘A Day for Redemption’, grazie alle sue ampie orchestrazioni e a un orecchiabile leitmotiv che si stampa nella parete interna della scatola cranica, a funge senz’altro allo scopo. Oltre a essa, però, non ci sono altri teorici Campioni da mandare a cercare fortuna in giro per il Mondo.

Un discreto lavoro, stringendo il giudizio, certamente non superlativo. Grande professionalità e altrettanta grande bravura che non conducono, sfortunatamente per loro, i Mors Principum Est a rendere “Seven” un album memorabile, che possa essere tramandato ai posteri.

Daniele “dani66” D’Adamo

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