Recensione: Seven Worlds
Gruppo totalmente nuovo, di origine un po’ britannica e tanto finlandese, i Transworld Identity arrivano all’esordio dopo aver stuzzicato la fantasia della tentacolare Frontiers Music.
Di loro sappiamo in effetti ben poco. La cantante Mila Bosa, ha trascorsi in cover band per lo più ignote. Il resto del gruppo – fatta eccezione per il drummer Lacu Lahtinen, in passato collaboratore di Hanoi Rocks e Michael Monroe – vanta esperienze in band che, pur frequentando il settore da un sacco di tempo, ammettiamo di non aver mai sentito nominare.
Un’opera di scouting senza dubbio interessante quindi: una volta tanto, non siamo al cospetto del solito side project messo insieme come un album di figurine tramite l’assemblaggio di nomi arcinoti, ma di un gruppo vero e proprio alla ricerca del successo. Costruito con precisa volontà artistica e non per contratto.
Un formato che sa tanto di vecchia scuola, quella a cui, musicalmente i Transworld Identity appartengono sin dalla radice.
Ascoltando il loro disco d’esordio “Seven Worlds“, pare evidente l’infatuazione per il sound del rock ampio e radiofonico degli anni ottanta. Molte melodie orecchiabili, vivacità strumentale ed una struttura delle canzoni che privilegia moltissimo un taglio tradizionale. Che definiremmo facile, non fosse che, nello scrivere brani che sappiano coniugare agilità, prontezza d’ascolto e qualche elemento personale, di facile ci sia effettivamente ben poco.
Possono piacere parecchio agli amanti di suoni dal sentore nord europeo coniugato al carattere vintage tipico del melodic rock di qualche decennio fa.
Si comprende al volo poi, come i cinque musicisti siano tutt’altro che sprovveduti: la loro è una costante rincorsa ad Europe, Treat, Romeo’s Daughter, Saraya, Q5, Bystander ed in generale al rock dorato ed avvolgente degli eighties. Con in più qualcosa che – soprattutto in certi giri di chitarra – ci ha ricordato le ritmiche di un ottimo chitarrista come Steve Stevens.
Una formula che, definitivamente, non si improvvisa. Soprattutto non è in grado di sfornare solo per caso la quantità di buone canzoni che compongono “Seven Worlds”.
Un album che si ascolta velocemente e tutto d’un fiato, votato all’easy listening senza però apparire troppo all’acqua di rose come un scialbo dischetto pop.
Il limite può essere forse dettato un po’ dalla particolare voce della cantante Mila Bosa. Che personalmente non ci dispiace affatto ma ad alcuni potrà apparire sin troppo radiofonica.
Oppure dalla apparente semplicità di un prodotto che in realtà ha davvero poco di improvvisato o dozzinale.
Gusti personali.
Il debutto degli sconosciuti Transworld Identity ha, in realtà numeri interessanti. Contiene musica di ottima fattura ed è realizzato in maniera impeccabile.
Per i pochi che ancora amano un certo tipo di produzioni come il sottoscritto, senza dubbio un passatempo piacevole.
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