Recensione: Sex, Booze & Tattoos
Siete dei fanatici di tutto quello che l’America dell’Hard Rock melodico ha saputo regalarci dal 1983 al 1991? Bene, il debutto autoprodotto dei Jolly Joker è esattamente quello che fa per voi!
La band, originaria di Valencia, città spagnola famosa più per il Gran Premio di Formula 1 e per la Ciudad De Las Artes Y Las Ciencias di Santiago Calatrava che non per tradizione in campo Heavy Metal, fa della musica di gruppi come Mötley Crüe, Skid Row ed L.A. Guns il proprio credo e, pur non apportando sostanziali novità ad una proposta, come anticipato, piuttosto tradizionalista, riesce in ogni caso nel non semplice intento di proporre musica fresca, ispirata e di qualità.
La voce di Lazy Lane ricorda molto da vicino quella acuta e viziosa del primo Vince Neil, le chitarre viaggiano a tutta velocità tra riff decisamente indovinati e assoli di ottima fattura e, per finire, basso e batteria accompagnano in maniera puntuale senza rubare la scena alla coppia d’asce formata da Yannick ed Eddie. Sono tuttavia ulteriori due gli aspetti che colpiscono maggiormente l’ascoltatore: la qualità media, elevata, dei pezzi in scaletta e la cura per i dettagli, fattori che rendono davvero difficile inserire il presente “Sex Boozes & Tattoos” nel banale novero dei “demo autoprodotti”. Le composizioni, pur derivative, sono ben sviluppate, i ritornelli molto catchy e dal punto di vista strumentale c’è ben poco da obiettare all’operato dei cinque hombres di Valencia; inoltre, anche la confezione, con la bella e coloratissima copertina e la qualità dei suoni, sono degne di un album “di serie A”.
Passando all’analisi dei vari brani, è d’obbligo affermare che dopo due tracce (“Damage” e “Dressed To Kill”) buone ma che appaiono più come una sorta di “riscaldamento”, l’album prende realmente quota a partire dalla terza “Givin’ it Up”, i cui punti di maggior forza sono certamente il riff killer, il vocalismo esuberante e un’ottima melodia. Seguono “Before You Die”, veloce e divertente, e la doppietta costituita da “She Starts” e “Sucker”, in pieno stile Mötley Crüe era “Too Fast For Love”/“Shout At The Devil”, mentre “God’s Kidding” è una riuscitissima via di mezzo tra il lento decadente di tradizione street/glam e la power ballad ottantiana. Tutti brani di elevata caratura che avrebbero di certo fatto la fortuna dei Jolly Joker in altri contesti temporali e geografici.
Chiudono in bellezza “Russian Roulette” e la conclusiva “Fuck It All”, sicuramente la più heavy del lotto, con il ritmo speditissimo e i vocalizzi ultrasonici di Lazy Lane a porre la parola fine su di un debut album (come già detto, la definizione “demo” è decisamente restrittiva) di buonissimo livello da parte di una band già matura e meritevole di attenzione da parte di pubblico e addetti ai lavori.
Stefano Burini
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