Recensione: Shade of Fate

Di Enzo - 22 Novembre 2004 - 0:00
Shade of Fate
Band: Pantommind
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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80

Recentemente ho amato lavori come Evil dei nostrani Time Machine o Insider dei Kingcrow (tra l’altro recensito proprio da me su queste pagine), lavori capaci di mescolare sapientemente un heavy metal d’intenzione più classica ad un progressive originale e mai scontato. Ora mi ritrovo tra le mani un altro disco di chiara intenzione “progressiva” e si tratta del debut album dei Pantommind.
I Pantommind sono riusciti nell’impresa di rimanere nel mio stereo per giorni e giorni senza farmi avvertire il benchè minimo senso di stanchezza o monotonia (benchè i miei gusti musicali puntano “metallisticamente” sicuramente su lidi più hard’n heavy). Parliamoci chiaro ragazzi, la proposta musicale dei Pantommind affonda le proprie radici in particolar modo nel progressive metal più genuino ma senza mai abbandonare escursioni davvero gradite in un heavy metal più pomposo e solenne addirittura d’intenzione epicheggiante.
Il disco è inaugurato dalla title track che introduce in maniera impeccabile questo platter, la produzione è ottima così come la voce del singer Tony Ivan che appare sin da queste prime battute dotata di una grande tecnica ed un ottimo feeling interpretativo, la song mette in grandissima evidenza le elevatissime doti tecniche del gruppo, snodandosi tra funambolici assoli e meditati passaggi strumentali fino alla sua conclusione. La vena progressiva è ancor più accentuata ed addirittura resa più solenne ed originale nella seguente Follow Me dove, tra delicati inserti tastieristici e reminescenti memorie targate “seventy”, si snoda quest’ottimo brano che non fa altro che confermare le buone impressioni scaturite dalla precedente title track. Ma lo spettacolo del disco si eleva al suo culmine con la successiva Closer To You che si attesta ad essere l’indiscussa hit del platter. Il suo incedere è accompagnato da tastiere solenni ed addirittura capaci di aggiungere un’atmosfera davvero carica di pathos grazie al loro andamento d’intenzione addirittura epicheggiante! Il granitico drumming, affiancato dai freschi e diretti riff carichi di classe, accompagna la voce del singer che si snoda imperiosa sull’ottima costruzione strumentale e che trova la sua massima espressione nell’enfatico e pomposo refrain, sicuramente il migliore del platter. Se quindi “Closer To You” è una mitica song capace di rievocare mistici scenari nella nostra immaginazione, la seguente Trace To Find (A Day Without Rain) è un lento e delicato intermezzo che ci introduce alla ferrigna Spectastral, strumentale di gran classe e gran virtù compositiva. Ma è in particolar modo attraverso brani quali la lunga suite The Final Line e la più cadenzata Why (mitico il suo refrain!) che l’act Pantommind raggiunge i suoi punti compositivamente più complessi ed elevati grazie soprattutto a costruzioni strumentali fresche e varie che non scadono mai nella classica monotonia cui molte prog metal band ci hanno abituato.
La successiva traccia è la strumentale Mindtrip, brano semi orchestrale addirittura dall’incedere asfissiante e glorioso e che ci introduce ben presto alla seguente Knocking On My Door (dal grandioso andamento) seguita a ruota da After Rain, quest’ultima addirittura caratterizzata da un incedere lento ed imponente. Il cupo Outro, infine, va a porre il sigillo ultimo a questo disco nei quali solchi sono contenute canzoni di pregevolissima e raffinata fattura che ogni amante del Progressive Metal e dell’Heavy metal più ricercato e pomposo dovrebbe assolutamente possedere.
Vincenzo Ferrara.

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