Recensione: Shadow Hearts
Il metalcore è passato anche di qui. Sono gli inizi del nuovo millennio ed un’ancora sparuta avanguardia di gruppi sta cominciando ad aprire la strada ad un genere che ben presto farà tendenza: si tratta di Hatebreed, Killswitch Engage, Heaven Shall Burn e, appunto,
Caliban. Nate sul finire degli anni ’90 queste formazioni stanno, nel 2002, cominciando a riscuotere un meritato successo ed ad ottenere contratti con i colossi del metal: è in questa situazione che i 5 tedeschi registrano, nell’agosto del 2002,
Shadow Hearts, l’album che li lancerà verso la notorietà definitiva e permetterà loro di fare il grande salto passando sotto l’egida della Roadrunner Records l’anno successivo. Bisogna però specificare che, nonostante in questi tempi si possa ancora parlare di avanguardia, i
Caliban che troviamo qui sono una formazione già esperta, arrivata alla sua terza pubblicazione sulla lunga distanza escludendo
The Split Program, che quindi viene chiamata a dimostrare le proprie qualità di act vero e proprio e non di fenomeno passeggero legato ad una moda. Nel 2002 infine tutta la scena thrash-death di una certa risma deve necessariamente confrontarsi con
The Gathering, capolavoro targato Testament che, uscito solo un paio di anni prima, ha già innalzato in maniera non indifferente gli standard qualitativi richiesti per pubblicare qualsiasi cosa anche solo lontanamente simile.
La domanda è dunque: riesce il combo germanico a passare l’esame? A quattro anni di distanza possiamo dire che no, non ci riesce.
Shadow Hearts è un disco indubbiamente ben realizzato e prodotto, dove i nostri interpretano alla perfezione gli stilemi -core che loro stessi hanno contribuito a creare cercando anche una certa innovazione che vada nella direzione della melodia, con ritornelli che, in seguito, saranno più caratteristici della scena americana che non di quella europea. Dopo l’intro
Dark Shadows il disco apre le danze con Forsaken Horizon, canzone particolarmente interessante in quanto racchiude i due problemi che caratterizzano poi l’intero album, ossia l’incapacità dei
Caliban di creare ritmiche veramente coinvolgenti, da headbanging insomma, ed il tentativo mal riuscito di inserimento di stacchi di voce pulita, i quali suonano estemporanei nel contesto e nemmeno troppo cantabili da un ipotetico pubblico ad un concerto. Ad affossare ulteriormente questo lavoro arriva poi la successiva ridondanza delle composizioni, le quali si snodano in un tappeto sonoro troppo uniforme per destare l’attenzione dell’ascoltatore già avvezzo a questo tipo di sonorità, mantenendo una qualità medio-bassa in ogni frangente, sebbene l’esecuzione sia sempre impeccabile. Le poche uscite veramente originali si devono ad inserti dal vago sapore Nu (ad esempio le quasi-rappate presenti nella pur buona
The Seventh Soul, nonostante tutto uno degli episodi più riusciti), mentre vengono ignorate le possibilità che offrirebbe il metal vero e proprio per dare un po’ di
varietà alle canzoni: niente assoli dunque, niente parti strumentali di rilievo. Ad un ascolto più attento si nota infine come il gruppo riponga molta fiducia sui
break cadenzati che inserisce in alcune delle tracce di questo lavoro (vedere ad esempio
Vicious Circle e Storm of Rage), i quali tuttavia, pur riuscendo nell’intento di spezzare il ritmo, da una parte non stupiscono e dall’altra fanno perdere continuità alle canzoni.
La situazione è chiara: Shadow Hearts è un album che, se venisse pubblicato oggi, non potrebbe ricevere la sufficienza. Il fatto però è che non è stato registrato l’anno scorso, ma nel 2002, quando il metalcore era ancora “giovane”. Intendiamoci: le pietre miliari di un genere, come lo sono state ad esempio Master of Puppets o
Reign in Blood per quanto riguarda il thrash, suonano fresche e nuove anche dopo 10 anni, tuttavia non si può evitare di ammettere che molti degli elementi che ritroviamo, molto migliorati, nelle pubblicazioni recenti di Chimaira, Devildriver, All Shall Perish e, perchè no, anche Mnemic, siano presenti anche qui. E allora sufficienza abbondante a questo
Shadow Hearts, con la clausola che, se volete avvicinarvi per la prima volta al metalcore, forse è meglio che vi ascoltiate qualcosa di più recente e più vario.
Tracklist:
01. Dark Shadows
02. Forsaken Horizon
03. Storm Of Rage
04. Vicious Cricle
05. Bad Dream
06. The Seventh Soul
07. Scream From The Abyss
08. Detect Your Liberty
09. Fire Is My Witness
10. Between The Worlds
11. A Piece Of My Life
12. Everlasting (digipack bonus track)