Recensione: Shadows of Cleansing Iron
La lontana Nuova Zelanda si sta rivelando una discreta di fucina di furibonde band dedite al death metal il più possibile underground. Preceduti di pochi giorni dagli Heresiarch, anche i Vesicant pescano le tematiche nell’immenso macello rappresentato dalla Prima Guerra Mondiale.
Una fonte d’ispirazione assolutamente sterminata nei contenuti ma soprattutto nella profondità, concepita per accogliere l’orrore dell’azzeramento del valore della vita umana.
Va da sé che i Vesicant non si discostino poi molto, dallo stile degli Heresiarch, anche se i primi osano generare un sound totale, capace di annichilire qualsiasi baluardo psicologico eretto dalla mente umana per far fonte all’orrore dei conflitti bellici senza fine.
Profanum e Mordance sono gli oscuri sacerdoti che custodiscono un death metal mostruoso, rozzo, involuto all’inverosimile, che si srotola come un immenso tappeto di dolore, rabbia, e disperazione. Pregno di sangue, zeppo di sofferenza, sporco sudario della completa annichilazione.
Allora, la sezione ritmica non può che tessere le sue trame strettamente, per dar luogo a un tessuto impermeabile, fitto di blast-beats, dal qualche non passa nulla, non percolano molecole: un tetro malloppo di disperazione dipinto da un drumming inumano, scellerato, visionario, folle.
Stesse coordinate per il riffing cupo ma iridescente di buie tonalità elaborato da Profanum. Sound minimale, nessuna concessione a modernità e/o contaminazioni futuristiche. Il flavour è arcaico, antico, non a caso collocabile, con un azzardo musica/tempo, a un secolo fa e anche prima; quando uomini e mezzi sguazzavano impotenti un’indistinta fanghiglia marrone. Resa così bene in musica sia dal guitar-work sia dal roco grownling dello stesso Profanum.
Anche le song riflettono la Grande Disperazione, risultando compatte e coese attorno al nucleo stilistico del combo di Wellington. Non si può dire siano altrettanto varie ma, questo, più che un difetto è un pregio. Solo così, difatti, lo stordimento provocato dagli incessanti blast-beats di Mordance riesce a sballottare i neuroni cerebrali sì da generare quelle visioni mentali apocalittiche, obiettivo evidente del duo oceanico.
‘Carnage Ascended’, per poggiare un piatto sul tavolo dalla pietanza comune: brano che comincia relativamente lento per introdurre il tema (a)melodico dello stile dei Nostri, onde divergere ineluttabilmente verso la trance da hyper-speed. In questa condizione mentale, non facile da ricreare, la ricettività delle cellule cerebrali si sensibilizza, si eccita come un elettrone, divenendo pronta ad accogliere l’anima della musica in azione, rendendo visibile ciò che non è, tangibile ciò che è stato.
Molto bravi, i Vesicant, peraltro autori di uno stile pressoché unico, a riuscire in quest’impresa: l’orrore della Grande Guerra è allora qui, dietro, in agguato, pronta a ghermire l’anima delle anime vive.
Daniele “dani66” D’Adamo