Recensione: Shadows out of Time
Li avevo già saggiati on stage al Daffogo! 2005 e mi avevano trasmesso un’impressione estremamente positiva, ora li posso testare anche su CD ma il risultato non cambia ed ottengo soltanto ulteriori conferme: questi quattro bresciani ci sanno fare.
Nascono nel 1996 come cover band dei Metallica, cioè il classico passo di ogni buon metallaro che imbraccia inesperto gli strumenti, per poi evolvere nel corso del tempo aggiungendo nel 2001 un tocco swedish. Lo stile si affina, la formazione continua solida come ai tempi dei debutti ed arriva il 2004 che segna la nascita di Shadows out of Time, EP energico ed ispirato al sound svedese a cavallo tra death melodico e thrash death.
Intorno alla produzione del disco aleggia un “certo” Tommy, in tempi non sospetti tastierista e chitarrista dei Sadist, che con il tocco suo e dei Nadyr Studios di Genova fa da starter allo scatto di una base sonora potente, ben accentata sulle chitarre corpose, acutamente equalizzate per non togliere spazio agli spunti melodici che si inserisco nell’aggressività di fondo.
Due parole per descrivere gli Eviscerate: dinamismo e melodia che si scambiano con sicurezza, melodia e dinamismo quasi a rincorrersi lungo composizioni sciolte, ricche ed elaborate, fresche ed estremamente vispe senza un solo momento che cada estemporaneo e senza sapore.
Sono soltanto quattro i pezzi dell’EP ma vi assicuro che in quasi venti minuti c’è un’esposizione vasta e gratificante di richiami svedesi, echi Death come in “Existence” o nell’interpretazione vocale che ricorda in varie inflessioni quella di Schuldiner; una sbornia di cambi di tempo e di raccordi armoniosi e scorrevoli, mid tempo carichi e significativi ed accelerazioni thrash. Non una sbronza immediata che taglia le gambe di netto, bensì calcolata e per questo piacevole, che non assale con ignoranza l’ascoltatore ma lo fa correre a passi lungi e ben distesi sugli assoli velocissimi.
Un fraseggio strumentale in continuo crescere, migliorare ed arricchirsi ovviando ad ogni staticità con trame melodiche ed attraenti (“Stolen Heartbeats”), direzionate con padronanza a toccare con precisione la corda del thrash come in “Invasion” (il brano più vecchio) e quella del death scandinavo più moderno con i richiami ai Soilwork nell’uso di tastiere e cori puliti.
Potendo raffrontare la band su due livelli, live e studio posso avanzare alcune ulteriori considerazioni: se dal vivo prevaleva la parte più cattiva degli Eviscerate, nello stereo il gruppo sembra più controllato ma non per questo meno incisivo, solo più equilibrato e teso a mostrare tutte le sue armi con completezza.
Se potessi dare un consiglio direi di premere sull’acceleratore per far schizzare del fango sui preziosismi tecnici, dando un ulteriore tocco genuino alle prossime composizioni, prediligendo l’approccio ruvido.
Una simpatica curiosità riportata dal loro sito: agli esordi si chiamavano Take Death… al solo pensarci ho i brividi ma è anche vero che solo una band con due grossi attributi poteva avere il coraggio di non nascondere cotanta bruttura!!!
Gruppo da seguire e supportare, se ne potrebbero vedere (e sentire) delle belle nel prossimo futuro.
Tracklist:
01. Stolen Heartbeats
02. Existence
03. What Was Once… is Nevemore
04. Invasion