Recensione: Shake the World
Davvero un ottimo disco.
Diciamoci la verità. Tutti questi side project composti da artisti che si combinano di volta in volta in formazioni diverse e titoli differenti, spesso sembrano buoni più che altro per rimanere posizionati sul mercato piuttosto che per reali esigenze artistiche. Uscite che talvolta, lasciano il tempo che trovano.
Qualcuno interessante, ma pure alcuni che non spostano di una virgola il livello qualitativo delle pubblicazioni del periodo e scivolano poi, molto presto, negli archivi dedicati più alla statistica che ai fatti memorabili.
Quando invece accade di trovare qualcosa di realmente notevole, occorre fermarsi un attimo. Appuntarsi il nome con cura e soprattutto, porsi all’ascolto con molta calma.
Black Swan, un moniker nemmeno troppo originale, evocativo ma già visto altrove, in scenari cinematografici ad esempio. Ed una copertina altrettanto ordinaria, non certo di quelle che ti colpiscono e lasciano il segno.
La musica incisa dal gruppo celato dietro a questo fantomatico “cigno nero” è tuttavia, ben lontana dall’essere trascurabile o dozzinale. Anzi.
Basta, in effetti, approfondire un pizzico la conoscenza di questo nuovo side project per comprendere come alla base ci siano forze imponenti d’estrazione hard rock destinate a proporre qualcosa, inevitabilmente, di incisivo ed importante.
Reb Beach, eminente chitarrista dei Whitesnake in compagnia di Jeff Pilson, attuale basso dei Foreigner con un passato storico nei Dokken e nella band di Ronnie James Dio (oltre ad un migliaio d’altri). E poi Matt Starr, batterista dei Mr. Big dopo la scomparsa del compianto Patt Torpey, già visto nei Burning Rain (insieme all’altro ex Whitesnake Doug Aldrich).
Ma soprattutto Robin McAuley, vocalist di straordinaria bravura che i più attempati ricorderanno in compagnia del grande Michael Schenker negli MSG e più recentemente nel progetto Michael Schenker Fest.
Artisti dal curriculum di primo piano, dalle capacità indiscutibili che ci saremmo sorpresi nello scoprire alle prese con materiale meno che di prima qualità. Difficile restare delusi, con una formazione del genere.
Non è, ovviamente, inatteso lo stile musicale che innerva l’intero disco di debutto dei cosiddetti Black Swan. Un collage revivalistico di Whitesnake, Dokken, Mr.Big, Dio e Racer X – non a caso tutte band (tranne l’ultima) strettamente connesse con i musicisti coinvolti – che, al netto di quelle che possono essere le riserve derivanti dal non proporre nulla di nuovo, mette in pista una serie di brani energici, infarciti di un hard rock muscoloso e gagliardo, agile, spesso arrembante e risoluto. Al contempo orecchiabile ed immediato nelle melodie e nei ritornelli.
Miscela stilistica non benedetta dai crismi dell’originalità a tutti i costi, in fondo. Ma fatta tremendamente bene.
Con canzoni come l’iniziale title track – davvero un pezzone – la successiva “Big Distaster”, “Immortal Souls” e “She’s on to Us” è facile, del resto, destare l’attenzione e catturare consensi. Hard rock a “manetta” in cui spadroneggia la chitarra di Beach – prodiga di accordi torridi ed incisivi – assecondato da una prestazione “monstre” di McAuley, singer spesso poco considerato o nominato seppur in possesso di un’ugola “spaziale”, con un’estensione in grado di raggiungere note altissime, unita però a grande espressività e doti interpretative.
Un vero piacere ritrovarlo, dopo parecchio tempo, ancora su questi livelli siderali.
Il ritmo pulsante della coppia Pilson / Starr completa una panoramica “all star” che, per una volta, non è un accrocchio improvvisato di artisti messi assieme per semplice contratto, ma un ensamble che offre impressione di compattezza e suggerisce la possibilità di aver trovato un gruppo che può valere qualcosa in più di un semplice album estemporaneo.
Che siano bravi lo sapevamo: la carriera illustre parla per loro. Che il frutto del loro incontro potesse rivelarsi tanto convincente, non era invece del tutto scontato: ci fa davvero piacere quindi inserire il debutto dei Black Swan tra le cose migliori ascoltate in questo primo scorcio di 2020.
“Shake the World”: magari non scuoterà davvero il mondo, ma una bella sferzata d’energia hard rock la garantirà ben volentieri!