Recensione: Shame On Your Shadow
Con questo nuovissimo “Shame On Your Shadow”, i finlandesi Mind Of Doll giungono alla pubblicazione del secondo album in carriera.
I nostri confezionano un lavoro semplice, compatto e diretto, caratterizzato da una manciata di canzoni facili e mai troppo articolate nelle strutture, in modo da poter coinvolgere anche l’ascoltatore più distratto.
A rendere ancora più succulenta questa seconda release, contribuisce pure una produzione asciutta e moderna, capace di trasmettere tutta la carica dell’Heavy Metal più classico e melodico nella sua caratteristica essenza.
Il silenzio è squarciato dalla gelida “Dead A.M.”, opener violenta, totalmente imperniata sul cesellato lavoro chitarristico svolto dai bravi Eric Lunden e Sakari Virta, i quali macinano riff taglienti su cui si adagiano le energiche trame melodiche vocali condotte da Visa Heinonen per una partenza al fulmicotone.
La seguente “Bad Shivers”, mostra nuovamente come il gruppo sia abile nel bilanciare con precisione, potenza e melodia, incastonando un episodio ben strutturato ed arricchito da un refrain stradaiolo e alcolico che ovviamente non disdegna di volgere uno sguardo d’ammirazione per la preziosa lezione impartita da mostri sacri come Skid Row e W.A.S.P.
Groove e potenti melodie costituiscono gli ingredienti principali della rabbiosa title track, contraddistinta da un chorus cadenzato e vincente, il quale anticipa un intermezzo strumentale ricercato ed atmosferico ottimo nel conferire ulteriore dinamismo al brano.
Sulle medesime coordinate si muove anche la rasoiata “Wolves”, in cui il gruppo si diverte ad allestire riff granitici, alternando velocità cadenzate e massicce, ad accelerazioni degne del miglior Heavy d’assalto, per un risultato efficace ed adrenalinico.
Il divertimento è poi assicurato sulle note della frenetica “Indians”, che ancora una volta richiama le sonorità che tanto care furono a vere icone degli anni ’80 come Ratt e Poison.
La potente “Hotel Satan”, pur non discostandosi dal classico stile della band finlandese, riesce a mantenere l’album su alti livelli qualitativi, grazie ad un brano caratterizzato da una struttura maggiormente dinamica, caratterizzata da repentini cambi di tempo e parti soliste di primo livello.
La travolgente “Rats”, presenta ancora un a volta uno schema compositivo solido che permette alla band di poter sprigionare la notevole potenza dell’Heavy Rock, in cui una sezione ritmica precisa costituisce la spina dorsale di un album ruvido e quadrato come dimostrano le feroci “Disconnect Me” e “Jungle Juice”, tracce che preparano al gran finale dell’opera.
È la volta quindi della selvaggia “Say Something Good”, episodio in cui il combo finlandese abbandona in parte le velocità controllate ascoltate nelle tracce precedenti, a favore di sonorità più tipicamente Speed, per incastonare una chiusura con i fiocchi, utile nel riconoscere una promozione senza grosse riserve per questa valida band nordica.
Discutine sul forum nella sezione Hard Rock / Aor / Stoner!