Recensione: Shangri-La
Nell’ultimo decennio la Svezia si è confermata sempre più come patria prolifica per gli appassionati di Progressive Rock. A dimostrare ciò, alcuni complessi particolarmente apprezzati come Beardfish, Gungfly, Carptree, Nightingale e Agents of Mercy. Appartengono a questa folta schiera di gruppi i Brother Ape, formatisi in quel di Stoccolma nell’ormai lontano 1981, ma esordienti solo nel 2005 con l’acclamato On the Other Side, seguito nel 2006 dall’oggetto di questa recensione: Shangri-La.
Il trio capitanato da Stefan Damicolas (chitarra, voce) e completato da Gunnar Maxén (basso, tastiere) e Max Bergman (batteria) è autore di un Progressive Rock leggero e di facile presa, caratterizzato da una batteria energica e da armonie solari, coronate dalla voce subito riconoscibile di Damicolas, protagonista anche di una prova chitarristica degna dei migliori applausi; a dimostrarlo è posta in apertura la vigorosa “New Shangri-La”, vero e proprio tripudio di frizzanti melodie estive. Non mancano riferimenti al Jazz/Fusion, come si può notare ascoltando la successiva “Lunatic Kingdom”, non esente da incursioni in territori Metheniani. “Umbrella” è una ballad acustica dal leggero flavour psichedelico, mentre con “Inside You” i Brother Ape viaggiano su binari decisamente Hard Rock, regalandoci un brano memorabile grazie a melodie vincenti ed un ritornello indimenticabile, che fanno di questa canzone uno dei migliori episodi di Shangri-La.
Con “Beams” e “Monasteries of Meteora”, il combo svedese affronta due brani decisamente poco canonici: la prima è inizialmente una delicata composizione pregna di atmosfere notturne e misteriose, che si indurisce via via fino a un finale che potrebbe ricordare (con le dovute distanze) i Dream Theater di “Finally Free”, mentre il secondo pezzo è un episodio strumentale più intimista ancora una volta vicino a quanto fatto da Pat Metheny nel corso degli anni Ottanta (periodo Still Life/Letter from Home), protagonista di un evidente crescendo emotivo dalla prima all’ultima nota.
Si ritorna a battere una strada più pragmatica con un gioiellino come “I’ll Be Going”, piccolo capolavoro che con le sue melodie aggraziate e sognanti porta chi l’ascolta a compiere un viaggio nella natura incontaminata, in un’esplosione di colori caldi e avvolgenti che disegnano scenari unici e suggestivi. Il momento di calma è destinato a durare ben poco, perchè la tecnica dei tre musicisti tuona imponente nel Jazz acido e schizzato della breve (meno di due minuti) “Tweak Head”, della quale è da segnalare soprattutto la dinamica prestazione del batterista Max Bergman. La quiete è riportata da un nuovo, toccante brano acustico, “A Reason to Wake”, in cui la bellissima voce di Damicolas risalta su una dolcissima trama fatta di chitarre ed archi eterei.
Ci si avvicina alla fine dell’album e spetta alle chitarre funkeggianti di “Meatball Tour” il compito di riportare un po’ di frenesia nelle orecchie dell’ascoltatore; ancora una volta però questa viene smorzata subito dalla sbalorditiva ballad dal tocco Pinkfloydiano “Timeless for the Time Being”, perla di una commovente intensità piena di cori paradisiaci ed evocative tastiere pompose, suggellate da un meraviglioso assolo di chitarra che definire struggente sarebbe poco. A chiudere il tutto c’è la title track, rivisitazione in chiave sinfonica dei temi dell’opener “New Shangri-La”.
I Brother Ape con Shangri-La sfornano uno dei dischi più belli e riusciti degli anni 2000, un capolavoro che alterna momenti esaltanti e spensierati ad altri più intimisti, risultando capace, in alcuni frangenti, persino di commuovere l’ascoltatore. Una meraviglia da riscoprire, e un gruppo da supportare incondizionatamente.
Federico “Federico95” Reale
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Tracklist:
01 New Shangri-La
02 Lunatic Kingdom
03 Umbrellas
04 Inside You
05 Beams
06 Monasteries of Meteora
07 I’ll Be Going
08 Tweak Head
09 A Reason to Wake
10 Meatball Tour
11 Timeless for the Time Being
12 Shangri-La
Line-up:
Stefan Damicolas: chitarre, voce
Gunnar Maxén: basso, tastiere
Max Bergman: batteria, percussioni