Recensione: Shattered Existence
Togliamoci subito il dente, molti di voi avranno conosciuto il nome degli Xentrix soltanto per l’accostamento ai Metallica. Non c’è recensione, commento, citazione, rimando, news che non faccia riferimento alla filiazione del sound degli Xentrix da quello dei Frisco boys, e tale etichetta è bastata ad inchiodare il quartetto britannico a meri epigoni di modesta valenza. Mi auguro che per una buona fetta di lettori l’iter non sia stato questo e che invece ci sia stata la curiosità, la fortuna, la volontà di approfondire il discorso Xentrix e toccare con mano se i ragazzi del Lancashire meritassero o meno di essere presi in considerazione, “attenzionati” e, possibilmente, sostenuti.
Il legame con i Metallica c’è, sarebbe sciocco negarlo. Che i primi quattro album siano la più importante influenza nel sound degli Xentrix è sotto gli occhi (e gli orecchi di tutti) ma la valutazione non si può e non si deve esaurire a questo rapporto di correlazione. Nello stesso anno di “Shattered Existence“, per dirne una, esce pure l’esordio degli Slammer, britannici anche loro; ecco, quello è un esempio di deriva magari divertente, magari comunque piacevole all’ascolto, ma totalmente ripiegata sul songbook altrui (Metallica in primis e pure Testament). Gli Xentrix hanno sublimato il portato dei Four Horseman riuscendo a dar forma e corpo ad album di grandissima intensità e bellezza, ed erigendo una propria fisionomia, pur all’interno del recinto delle “band che senza i Metallica sarebbero difficilmente esistite”. Mi ha sempre fatto rabbia l’insistito sminuirli a cloni poiché se solo si avesse la volontà di disporsi ad un ascolto – realmente scevro di pregiudizi – di dischi come “Shattered Existence” e “For Whose Advantage?” si avvertirebbe che c’è evidentemente di più e dell’altro oltre al timbrino dei Metallica da stampigliare in copertina.
“Shattered Existence” è l’esordio e mostra un gruppo estremamente carico, voglioso di sbaragliare, lo dimostra l’attacco fulmineo di “No Compromise“, i cui secondi iniziali non si dimenticano più dopo la prima volta e rimangono emblematici e rappresentativi dell’intera discografia degli Xentrix. Il riffing intricato, un drumming sempre vario, dinamico e tecnico al tempo stesso, la linee vocali arcigne di Chris Astley, una produzione pulita e cristallina, un senso innato di drammaticità e le aperture melodiche assai “emotive”, di contro al tupa-tupa e alle asserragliate ritmiche saltellanti e affilate come lame rotanti, costituiscono una formula di assoluto pregio ed interesse. Laddove la già citata “No Crompromise“, “Dark Enemy“, “Heaven Cent” galoppano lancia in resta, “Balance Of Power“, “Crimes“, “Reasons For Destruction” articolano più razionalmente il proprio dispiegarsi, fra cambi di tempo, lyrics affatto stupidotte ed una grinta indomabile. “Position Of Security” porta in embrione il pathos che sarà degli Xentrix di “Kin” (1992), l’album che traghetterà la band nel mondo delle sonorità sdoganate dal Black Album (a mio parere persino arrivando a batterlo sul proprio terreno). Leggermente più in ombra “Back In The Real World” e “Bad Blood“, ma semplicemente perché il resto della tracklist è da applauso accademico.
Sentite le improvvise aperture in fase di bridge o chorus di pezzi come “Balance Of Power” o “Crimes“, gustatevi ogni singola armonia chitarristica e gli assoli di questi densissimi 43 minuti; gli Xentrix non erano affatto dei pivellini, né delle copie carbone prive di idee. Il sound sposato è indubbiamente quello di “Ride The Lightning“, “…And Justice For All” e di tutto il sancta sanctorum dei Metallica, ma ciò non toglie che, all’interno di quei binari rodati, gli Xentrix abbiano saputo produrre per proprio conto dei veri monumenti di (semi) perfezione, che a distanza di anni rimangono per giunta tra i migliori esempi di thrash britannico (e non che la Regina abbia avuto sotto la propria ala tutte questa incredibile abbondanza di band thrash metal di spessore… io qualche nome ce l’avrei pure, Sabbat, Acid Reign, Cerebral Fix, Hellbastard, Sacrilege, ma certo Oltreoceano gozzovigliavano al confronto per quantità e qualità).
Appena un anno dopo, tanta grazia verrà bissata dal fantastico “For Whose Advantage?“, forse addirittura un pelo superiore a “Shattered“; due album e sarà già tempo di cambiar pelle, con “Kin“, dove melodia ed un songwiring meno “respingente” la faranno da padroni senza tuttavia togliere fascino e carisma alla band (e nel mezzo tra “Advantage” e “Kin” sarebbe criminale dimenticare l’EP “Dilute To Taste“, contenente due inediti – “Pure Thought“, “Shadows Of Doubt” – che sono probabilmente i migliori pezzi di sempre degli Xentrix, assieme a varie live versione tra le quali quella di “Ghostbusters“, cover metallizzata già uscita in precedenza come singolo in studio). La magia si interromperà nel ’96 con “Scourge“, band rimaneggiata, i soliti maledetti vapori mefitici dei ’90s ed un album di rara bruttezza, tutto da dimenticare. Nel 2011 quella stessa line-up si ripresenterà come Hellfighter, dando alle stampe il modesto “Damnation’s Wings“, sorprendentemente rivolto alle perdute radici del true metal (financo priestiano).
Marco Tripodi