Recensione: Sheol
5 anni: tanto c’è voluto perchè questi svedesi si facessero risentire, non considerando un mini-cd (Ex Inferis) tanto bello quanto povero di novità… 5 anni dicevo, ma ne è valsa davvero la pena: un disco così si posiziona da subito ai primissimi posti della mia personale playlist di fine anno.
Riassumendo brevemente la loro storia per chi non li conoscesse o li avesse persi di vista, i Naglfar sono una band nata nelle terre scandinave ormai un decennio fa, che con soli due full-lenght album ha saputo crearsi uno status di band “culto” (nel vero senso della parola) pur allargando all’inverosimile, per l’epoca, la propia audience: il fantastico debut Vittra riuscì infatti a vendere più di 10.000 copie nella sola Europa, pur potendosi avvalere di una promozione abbastanza limitata; le frange più melodiche del black metal non vendevano ancora centinaia di migliaia di dischi, ed un risultato del genere creò un grande scalpore nella scena di allora. Il secondo Diabolical, poi, segnò una decisa virata dagli accenti folk degli inizi ad un suono feroce, tagliente seppur melodico; dopodichè il silenzio.
Le aspettative per questo nuovo Sheol erano quindi decisamente alte, e la band non delude di certo, riuscendo a catalizzare su di sè l’attenzione di svariate fette di pubblico, da chi è ormai deluso da Dark Funeral e Marduk ai nostalgici dei Dissection, non dimenticando le melodie di quel classic metal che servono in questo caso a rendere vario il riffing senza per niente annacquarlo. Anzi, possiamo dire che col passare degli anni la band si sia progressivamente incattivita, perdendo forse un po’ del feeling originario, ma senza lasciarsi alle spalle un’oncia del proprio valore.
Sheol è quindi il perfetto proseguimento di Diabolical, riprendendone le coordinate musicali e liriche e sviluppandole in un contesto anche più feroce; l’epicità ancora presente in alcuni pezzi del suo predecessore lascia qui il posto ad un feeling più “nero”, come nel caso dell’accoppiata iniziale di I am vengeance e Black God aftermath, trascinanti come mai. La varietà nel songwriting è sempre stata una caratteristica fondamentale dei Naglfar, che lo ribadiscono passando dai pezzi ultraveloci ai tempi più cadenzati di Devoured by Naglfar (molto thrash, specie nei primi riffs) ed Abysmal descent, sporcata con effetti industrial ed evocativa.
Uno dei migliori capitoli del disco è sicuramente Of Gorgons spawned through witchcraft: già pubblicata su Ex Inferis, anche se in una versione diversa (di poco), guadagna di diritto la palma di canzone più completa dell’album, con chitarre ancor più simili a lame impazzite e linee melodiche di primissima qualità. Ma oltre alle capacità compositive della band bisogna lodare il lavoro svolto dal cantante Jens Ryden, senza dubbio uno dei migliori black metal singer in circolazione, e la qualità della registrazione, pulita, potente ed allo stesso tempo gelida e tagliente. Putroppo va detto che dopo questo pezzo il livello si abbassa un po’: i due pezzi seguenti non hanno la capacità di stamparsi nella mente come la prima metà del disco; ma si tratta in ogni caso di composizioni abbondantemente al di sopra della media, chiuse infine da un’outro pianistica tutto sommato già sentita, ma che contribuisce comunque a lasciarci con le immagini e le atmosfere suscitate dall’ascolto ancora ben visibili ed avvolgenti.
Non è quindi sicuramente il capolavoro dei Naglfar, quello per il momento appartiene al passato; forse a mancare rispetto ad una volta è l’autentica malignità, la grande intensità che qui a volte sembra più diluita lungo tutta la durata dell’opera, se escludiamo una Abysmal descent da brividi; ma è un acquisto obbligato per tutti gli amanti del black/sound svedese più puro: impossibile rimanere delusi.
Tracklist:
01. I am Vengeance
02. Black God Aftermath
03. Wrath Of The Fallen
04. Abysmal Descent
05. Devoured By Naglfar
06. Of Gorgons Spawned Through Witchcraft
07. Unleash Hell
08. Force Of Pandemonium
09. The Infernal Ceremony